Quirinale: veti sulle donne. Si tratta su Draghi. Centrodestra non vuole Casini
ROMA – Bocciate le donne aspiranti presidenti. Dopo la Casellati, impallinata in Aula, sono state bruciate, nelle trattative serali, anche Elisabetta Belloni, Marta Cartabia, Paola Severino. Si inizia finalmente a fare sul serio, ma la trattativa è ancora lunga. Si tratta su Mario Draghi, però la folta e ingovernabile schiera dei peones, quelli che temono la fine del loro capitale di soldi e potere anndando alle elezioni, sono scettici. Non entusiasmano nemmeno Pier Ferdinando Casini e Giuliano Amato. Allora? La rosa di Matteo Salvini, di sponda con Giuseppe Conte, a dire il vero si allarga e si restringe, macina nomi, brucia profili. Mentre le trattative dei partiti fanno un altro giro a vuoto, oltre trecento grandi elettori di centrosinistra e M5s lanciano un segnale che è un auspicio e un avvertimento, scrivendo sulla scheda il nome di Sergio Mattarella. Chi a questo punto ha poca fiducia nelle doti da kingmaker di Salvini, scommette che solo lì si possa arrivare. Appunto nella conservazione… soprattutto del posto e del diritto alla pensione.
BERLUSCONI – Circola la voce – smentita da chi è vicina al premier – secondo cui lo stesso leghista avrebbe chiesto a Draghi di farsi mediatore con il capo dello Stato per convincerlo ad accettare la rielezione. Altre fonti descrivono Silvio Berlusconi sempre più irritato verso l’alleato: senza una soluzione seria nelle prossime ore, il Cavaliere sarebbe pronto a fare asse con i Dem sul nome di Giuliano Amato. Prima si tenta l’accordo politico, nella consapevolezza che qualunque sia il nome, dovrà superare le forche caudine di un Parlamento attraversato da veti incrociati e da un unico grande timore di fondo: le elezioni anticipate. Ecco perché a sera un ministro del centrosinistra, lasciando l’Aula di Montecitorio dopo la sesta votazione scuote la testa per le notizie che arrivano dal tavolo dei leader: «Una follia: siamo ancora ai veti e controveti».
DRAGHI – Il riferimento è alla speranza di una accelerazione, dopo la notizia dell’incontro di Salvini, nel pomeriggio, con Draghi. Si erano già visti lunedì, si sono parlati quasi ogni giorno questa settimana. Il leader leghista, secondo i rumors parlamentari, vorrebbe dal premier garanzie sul governo che verrà se lui venisse eletto al Colle. Draghi, dicono le stesse fonti, resterebbe indisponibile a intavolare una trattativa sui ministeri ma pronto ad ascoltare le istanze dei partiti. E nella Lega starebbe crescendo, anche su pressione del fronte del Nord e dei governatori, la convinzione che l’elezione del presidente del Consiglio al Colle sia la soluzione preferibile, una volta tramontata ogni opzione di centrodestra. Tra i leghisti c’è chi ipotizza che nel governo che verrà non ci sarà Giancarlo Giorgetti, potrebbe esserci Salvini o un suo fedelissimo e ci sarà un tecnico di a rea, come Matteo Piantedosi, al Viminale. E il premier? Si rincorrono ipotesi tecniche come Belloni. Senza costrutto.
RENZI – Il pessimismo dei ‘draghiani’ continua a essere elevato. Ed ecco perché non si ferma il lavorìo di chi, come Renzi – per nulla ostile a Draghi – e lo stesso Franceschini, punta su Casini. Nonostante il no di buona parte del Pd e dei 5 stelle In alternativa dal Pd, di sponda con Fi, torna a farsi l’ipotesi di Amato, che però è difficile da far digerire a gran parte del M5s e della Lega. Insomma, la solita tiritera. Tenere insieme gli alleati di governo è la priorità, per chi vuole evitare il voto anticipato. Il cronista, che ha vissuto e seguito tante elezioni dei presidenti della Repubblica è seccato, come del resto tutto il Paese. Le elezioni del 2018, vinte dai grillini con i vaffa e il reddito di cittadinanza, hanno ingessato il Paese come non mai.