Sicurezza a Firenze. Le istituzioni intervengano, evitino tentazioni di sicurezza fai da te
Il succedersi di diversi episodi di rapine violente nei confronti di donne, finite all’ospedale, da parte di cittadini extracomunitari, ha riproposto il problema della sicurezza in città, tanto che il sindaco ha invocato l’intervento del ministro Lamorgese. Per chi è abbastanza anziano sembra di tornare indietro nel tempo quando, era il 1991. il centro della città era invaso dai vu’ cumprà e dovette intervenire personalmente l’allora Capo della Polizia Parisi per ristabilire l’ordine, o quando, nel 1997, (allora ero prefetto di Pavia), la Lega Nord promosse le ronde padane nelle roccaforti lombarde (Varese e Como). In queste città alcuni abitanti, stanchi di furti, scippi e borseggi, si organizzarono per difendersi e trovarono subito chi, politicamente, appoggiò questa forma di autodifesa, che si estese poi soprattutto in Veneto e Lombardia.
Adesso non si corre, per ora, un rischio simile, ma è bene che le autorità intervengano rapidamente per fermare il malessere e i timori montanti dei cittadini, che dagli episodi violenti, accaduti in serie impressionante. traggono ovviamente un sentimento d’insicurezza, tanto che qualcuno, come avvenuto in passato, potrebbe pensare di ricorrere alla sicurezza fai-da-te se tardasse l’intervento delle istituzioni.
È indubbio che il rimedio necessario è il potenziamento delle Forze di sicurezza e l’approvazione di una legislazione meno permissiva che non lasci a piede libero chi compie efferati atti di violenza, come avvenuto per il recente episodio del gambiano recidivo per lo specifico reato, ma libero di riproporre i suoi delittuosi comportamenti.
Dico questo perché, per esperienza quarantennale di prefetture in sei regioni e nove province d’Italia, ho imparato che la tempestività della risposta dello Stato serve ad evitare derive pericolose di interventi spontanei di cittadini. Queste iniziative, se non controllate e gestite con equilibrio, implicano un rischio innanzitutto per chi svolge, senza averne i requisiti, un’attività che comporta una professionalità altamente qualificata. Si tratta comunque di attività che in passato sono state riconosciute anche dallo Stato entro certi limiti, tanto che l’8 agosto 2009 l’allora Ministro dell’interno Roberto Maroni, nel quadro della legislazione che ha conferito ai sindaci poteri più incisivi d’intervento in ambito di sicurezza locale (le famose ordinanze creative), ha legittimato l’istituzione delle “associazioni di volontari per la sicurezza”, i cui componenti dovevano possedere determinati requisiti e una specifica preparazione professionale e potevano agire solo con l’autorizzazione e sotto il controllo di sindaci e prefetti.
ORDINANZE – Ricordiamo tutti l’ampio risalto dato in passato a due fenomeni; il primo le ordinanze dei sindaci in materia di sicurezza urbana (molte delle quali criticate per la loro originalità), il secondo le c.d. ronde organizzate spontaneamente (talvolta spintaneamente per iniziativa di movimenti politici) dai cittadini. A Firenze uno dei precursori dell’utilizzo delle ordinanze di sicurezza, prima ancora che fosse approvata la legge in materia, è stato l’allora assessore Graziano Cioni, detto «lo sceriffo». Le sue ordinanze conto i lavavetri hanno fatto scuola e aperto la strada ai provvedimenti successivi di molti sindaci.
RONDE – Quanto alle ronde si tratta di fenomeni non recenti. Le prime ronde, allora dette padane, furono iniziate dalla Lega Nord in Lombardia già nel 1997. Da prefetto di Pavia ricordo che alcuni comuni si mobilitarono per fronteggiare una raffica di furti ad opera di alcune batterie di ladri, provenienti da altre province e in particolare dal territorio di Milano. Ma anche in tale occasione le Forze dell’ordine, con la collaborazione dei sindaci, della polizia locale e dei cittadini, ripresero sostanzialmente il controllo della situazione. Stesse vicende mi sono capitate successivamente a Pisa, Padova e Torino, segno che col passare del tempo la sensibilità dei cittadini per la sicurezza non era cambiata.
CONTROLLO – Veniamo a Firenze che, come ho rilevato, auspice il precursore Graziano Cioni, aveva per prima indicato una soluzione legale, attraverso l’esercizio dei poteri del sindaco, volti alla soluzione di alcuni problemi di degrado che infastidivano non poco i cittadini. Anche alla fine del 2013, quando le statistiche hanno evidenziato un aumento di furti in abitazione, erano arrivate sul tavolo del Prefetto di Firenze, Luigi Varratta ipotesi e proposte che vedevano impegnati i cittadini in prima persona nella sorveglianza della città. Si andava dall’istituzione di sentinelle all’utilizzazione del personale del servizio civile, passando per gli angeli, i militari ed i pensionati.Tutte iniziative apprezzabili, purché attuate in collaborazione e col controllo delle autorità di sicurezza, come previsto dalla legge.
Sono innanzitutto convinto che l’azione incisiva delle Forze dell’ordine, coordinate dai prefetti, insieme all’apporto più assiduo della polizia locale siano essenziali, così com’ è auspicabile la collaborazione dei cittadini, con determinati limiti e modalità, all’azione delle istituzioni pubbliche. La pubblica sicurezza richiede una visione strategica e unitaria, scevra da divisioni e incertezze, proprio perché l’esigenza di assicurare al tempo stesso libertà e garanzie ne rende inevitabilmente complessa la gestione. In uno scenario del genere gli amministratori locali, che pure hanno poteri in tale materia, vedono nel potenziamento delle Forze dell’ordine il rimedio fondamentale. Questo è senza dubbio un fattore rilevante, ma non determinante, occorre anche porre mano alla riorganizzazione della legislazione che consenta alla magistratura d’intervenire con maggiore severità nei confronti di chi delinque, non lasciando adito a scorciatoie che riducano l’efficacia dell’intervento repressivo dello Stato. Gli effetti del buonismo in tale materia, iniziato con le leggi Gozzini, si fanno ancora sentire, ma la politica deve assumersi le proprie responsabilità, assicurando tutela e garantismo come prevede la Costituzione, ma indirizzando l’apparato giudiziario verso un intervento più deciso, senza possibilità di interpretazioni lassiste.