Pensioni, nessun accordo tra governo e sindacati. Lo scoglio è il ricalcolo contributivo
Proseguono i “round” di confronto tra parti sociali e Governo chiamati a trovare la giusta sintesi per la fine di quest’anno, quando cioè si sarà esaurita la soluzione-ponte messa in campo con Quota 102. Nel corso dell’ultimo incontro con i sindacati del 15 febbraio, l’esecutivo ha aperto alla possibilità di introdurre una maggiore flessibilità in uscita, prevedendo il ricalcolo contributivo della pensione, ipotesi ritenuta però troppo penalizzante dalle Parti sociali che, invece, nella propria piattaforma proponevano la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, opzione considerata troppo onerosa dal governo.
Sull’argomento è più volte intervenuto anche il Presidente Inps., Pasquale Tridico. “Il sistema contributivo è il modello vigente e all’interno del sistema contributivo bisogna trovare le soluzioni di flessibilità”, ha detto Tridico, ad Agorà Extra su Rai Tre. “Bisogna coniugare flessibilità – ha spiegato – con sostenibilità finanziaria”. Tridico ha anche ricordato che Quota 100 è costata 11 miliardi nel triennio mentre la proposta dei sindacati di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età costerebbe 9 miliardi nell’arco di tre anni.
L’ipotesi di uscire dal lavoro a 64 anni rispetto all’età ordinaria di pensionamento a 67 anni prevista dalla legge Fornero, che contempla l’erogazione solo della parte contributiva maturata fino a quel momento, riconoscendo poi la parte retributiva raggiunti i 67 anni, introduce “un principio di equità”, ha sottolineato Tridico. E ha aggiunto che “ci sarebbe un piccolo esborso per l’anticipo pensionistico pari a 400 milioni l’anno, una cifra sostenibile”. Ma il Presidente Inps e Draghi dovranno fare i conti non solo con i sindacati, ma anche con la Lega che, in tema di pensioni, è intenzionata a mettere in pensione, ad abolire completamente la Legge Fornero.
Tra i punti centrali della riforma, sui quali ancora è lontano l’accordo, gli interventi rivolti ai giovani: cattive notizie arrivano dal report Ocse, secondo cui tra qualche anno, in Italia, le nuove generazioni potrebbero accedere alla pensione non prima di aver compiuto 70 anni e con assegni esigui, anche al di sotto della soglia di povertà, a causa delle carriere lavorative discontinue e dei periodi di precariato. Tra le proposte più accreditate in quest’ottica, c’è quella di una pensione di garanzia. Se ne discute ancora, ma senza trovare la quadra, e il tempo, come ho ripetuto più volte, comincia a stringere, il 31 dicembre, la scadenza di quota 100, poi corretta a 102, si avvicina.