Ucraina: sono partiti i negoziati, ma si estendono le sanzioni contro la Russia e la situazione resta in stallo. L’Ue tentenna, agisce solo Macron
ROMA – Mentre sono iniziati, con qualche barlume di speranza, i negoziati fra Russia e Ucraina, gli Stati Uniti e alcuni paesi europei continuano l’azione di contrasto e di sanzioni alla Russia di Putin. La propaganda statunitense torna a farsi sentire ,e il Pentagono afferma categoricamente che la Russia non ha ancora tuttavia il predominio aereo in Ucraina e ha finora lanciato 380 missili. Come dire che la situazione militare non giustifica la resa dell’Ucraina al tavolo dei negoziati. Tanto più che le sanzioni internazionali cominciano a far sentire i loro effetti sull’economia russa. La Banca centrale di Mosca aumenta i tassi di interesse al 20% per ‘supportare l’attrattività dei depositi e proteggere i risparmi delle famiglie contro la svalutazione’, fa sapere il governatore Elvira Nabiullina. E, mentre la Borsa di Mosca resta chiusa, a Londra i titoli dei colossi dell’economia russa sprofondano: Sberbank ha perso il 74%, Gazprom il 51%, Lukoil il 62,8%, Rosneft il 42,3%, Magnit il 74%. ‘
Interviene anche l’Onu: “I combattimenti in Ucraina devono finire ora. Stanno imperversando in tutto il Paese, dall’aria, dalla terra e dal mare. Basta. I soldati devono tornare alle loro caserme”, ha detto il segretario generale Guterres aprendo l’Assemblea generale al Palazzo di Vetro. ‘I leader devono andare verso la pace. I civili devono essere protetti’, ha aggiunto, sottolineando che la minaccia nucleare russa ‘è uno sviluppo agghiacciante, semplicemente inconcepibile’. Mentre in Europa ‘si rischia la peggiore crisi umanitaria e dei rifugiati degli ultimi decenni’.
In Italia, intanto, il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il nuovo decreto con aiuti, anche militari all’Ucraina, e con le norme per diversificare le fonti energetiche, riaprendo se necessario le centrali a carbone. Possibili, anche se allo stato non necessari, razionamenti di gas ‘in caso di emergenza’. Il testo prevede anche un incremento di 16mila nuovi posti per accogliere rifugiati dall’Ucraina.
Anche dalla Finlandia, Paese confinante con la Russia, la ‘decisione storica’ di fornire armi all’Ucraina per difendersi dall’aggressione.
Si rafforzano così le misure internazionali contro Mosca. Ma occorre che non superino i limiti del buon senso, per non far precipitare la situazione. Per questo Downing Street ha dovuto correre ai ripari dicendo che il portavoce di Boris Johnson si è espresso male quando ha riferito le parole del premier secondo cui le sanzioni occidentali ‘mirano a far cadere il regime di Putin’. Solo un lapsus, la precisazione dopo la clamorosa gaffe. Così come l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera Borrell ha fatto sapere che l’adesione dell’Ucraina all’Ue nell’immediato ‘non è in agenda’, smentendo la sua presidente Ursula von der Leyen, che aveva subito entusiasticamente appoggiato la richiesta del presidente Zelensky.
Come si può notare la situazione è molto complicata, le due parti direttamente interessate sembrano non voler recedere dalle loro posizioni iniziali, mentre i Paesi occidentali invece di gettare acqua sul fuoco rafforzano accuse e sanzioni nei confronti dello zar, schierandosi ventre a terra dalla parte degli ucraini. Qualcuno dovrà pur cercare di trovare una mediazione. ogni tanto ci prova Macron, con risultati finora nulli, la Ue è quasi controproducente, Biden attacca Putin a testa bassa e la Cina sta chiaramente dalla parte della Russia, così come la Corea del Nord. E intanto si continua a combattere, una tregua sembra lontana, le popolazioni dell’Ucraina e del Donbass soffrono per i combattimenti, arriveranno in Europa 7 milioni di profughi e l’economia di molti paesi, già provati dalla pandemia, peggiorerà a causa della guerra. La vecchia Europa si ritrova imbelle ed impotente. La posizione di Putin nei confronti della ue sembra ricalcare quella riassunta dalla famosa frase di Stalin nel 1945: «Quante divisioni ha il Papa?» Questa la sprezzante e famosa frase di Stalin alla conferenza di Yalta, che lo zar oggi sembra rivolgere alla von der Leyen e ai suoi compagni dell’armata (senza armi) europea.