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Allarme inflazione, si chiede il regime di prezzi amministrati come nel 1973

Green Pass Lavoratori
Palazzo Chigi ANSA/FABIO CIMAGLIA

Scatta nuovamente in Italia l’allarme per l’aumento dell’inflazione, causa il balzo delle bollette energetiche, ma non solo. L’Istituto nazionale di statistica ha stimato che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, abbia registrato un aumento dell’1% su base mensile e del 6,5% su base annua. Questi dati hanno allarmato le Associazioni dei consumatori che chiedono al Governo di adottare provvedimenti urgenti a tutela delle famiglie e del loro potere d’acquisto.

Il presidente di Assoutenti Furio Truzzi si spinge addirittura a proporre, fra le misure straordinarie, la fissazione di prezzi amministrati per i generi di prima necessità come gli alimentari di cui le famiglie non possono fare a meno. L’Associazione Federconsumatori nota che sull’aumento pesano in maniera determinante i costi energetici e del settore alimentare, “divenuti pressoché insostenibili, tanto che le famiglie stanno modificando le proprie abitudini di consumo e stanno effettuando molte rinunce”. Secondo le rilevazioni dell’associazione, diminuisce di oltre il 16% il consumo di carne e pesce (visti i forti rincari soprattutto della carne, dovuti ai maggiori costi sostenuti per l’allevamento), si scelgono verdure e ortaggi più convenienti e di stagione, si evita sempre più spesso di mangiare fuori casa (in occasione delle festività pasquali solo 1 famiglia su 10 sceglierà di mangiare al ristorante).
Scende in campo anche Confesercenti, che osserva: “gli interventi del governo andrebbero rafforzati con più risorse per sostenere famiglie ed imprese. In particolare, per quanto riguarda le accise sui carburanti, potrebbe essere utile l’introduzione di un meccanismo automatico per contenere gli incrementi dei prezzi internazionali”.

Varie associazioni e istituzioni cercano lodevolmente di aiutare le persone in difficoltà, segnalando le misure che ritengono più opportune. Sembra di essere tornati indietro nel tempo di 60 anni, al 1973, quando il primo choc petrolifero, la crisi energetica ed economica, a causa anche della rarefazione delle scorte petrolifere e dell’aumento dei prezzi, costrinsero il governo a sancire per gli italiani le domeniche a piedi e a introdurre un sistema di controllo dei prezzi dei principali prodotti alimentari affidato a prefetture e camere di commercio. Per un periodo non molto lungo il sistema funzionò, anche perché le categorie del commercio più sacrificate (panificatori e macellerie) si prestarono lodevolmente alla bisogna e anzi collaborarono con le autorità per confezionare e perfezionare il sistema di fissazione dei prezzi.

Ma si tratta di un regime che non può durare troppo a lungo. Alcune categorie del commercio (non gli alimentari, in verità) sono state penalizzate dal lungo periodo di pandemia, molti cittadini, soprattutto pensionati e lavoratori autonomi e a reddito fisso, hanno visto il loro potere d’acquisto ridursi drasticamente. Non sarà facile per il governo intervenire in modo equo, ma è necessario che Draghi e le sue truppe aiutino le famiglie in difficoltà a sbarcare il lunario, intervenendo anche sulla crescente imposizione fiscale, che nel 2021 ha raggiunto livelli record al 43,5%. E si stagliano all’orizzonte altre spese pubbliche, necessarie per l’accoglienza dei profughi dall’Ucraina, che si aggiungono alle moltitudini irrefrenabili che giungono sulle nostre coste dalle sponde africane. Una situazione non proprio invidiabile per Draghi e per il suo governo, che dovranno moltiplicare le energie e la fantasia per farvi fronte, visto che neppure i milioni stanziati e da stanziare in nostro favore dall’Ue potrebbero bastare.


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Ezzelino da Montepulico


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