Cambi: euro-dollaro è quasi parità. Borse giù: temono la recessione. Pesa il prezzo del greggio
E’ quasi parità fra euro e dollaro. Una novità allarmante. Non c’è tregua per i mercati finanziari occidentali, da Milano a Londra e da Francoforte a New York, mentre in Oriente, per ora, le cose sembrano andare meglio. Dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione si affaccia ora lo spettro della recessione, che altro non è che una sommatoria delle difficoltà che hanno frenato sul nascere la ripresa economica dopo il Covid. Se in Giappone l’indice Pmi, relativo ai direttori acquisti delle aziende, è rimasto quasi invariato a 54 punti nei servizi, in Cina è salito sorprendentemente a 54,5 punti, contro i 41,4 precedenti, mentre in Europa le lancette dell’orologio sono tornate indietro in Italia (51,3 contro 52,4 l’indice composito), in Francia (52,5 contro 56,1), in Germania (51,3 contro 53,7) e nell’Ue (52 punti contro i precedenti 54,8). Ha fatto eccezione il Regno Unito, con un rialzo da 53,1 a 53,7 punti.
PAURA – Moderatamente ottimista il ministro dell’economia tedesco Robert Habeck, secondo il quale “la situazione attuale non è affatto male. Ma la paura della recessione, del futuro, e cioè del futuro imminente è straordinariamente grande”. “Se i prossimi due trimestri si avvicinassero ai primi due dell’anno – ha aggiunto – saremmo di fronte a un capolavoro sociale, politico, che in realtà non è nelle attese. Ma abbiamo la possibilità di fare in modo che le cose non vadano completamente male in condizioni molto molto difficili”. All’allarme recessione si aggiunge la conferma del galoppo dell’inflazione. Oggi ci ha pensato l’Ocse a sottolineare che l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto al 9,6% in maggio dopo il 9,2% di aprile, “principalmente a causa dell’innalzamento dei prezzi dell’alimentazione e dell’energia”, segnando il “piu’ forte aumento dei prezzi da agosto 1988”. Un tasso cresciuto in tutti i Paesi, ad eccezione della Colombia, del Giappone, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi. In questo clima l’euro è sceso ai minimi degli ultimi 20 anni sul dollaro, portandosi quasi alla parità (1,024 biglietti verdi per una singola moneta unica).
DOLLARO – Non accadeva dal dicembre del 2002, quando tra la divisa Usa e quella europea il rapporto era di 1,026 a favore di quest’ultima. Pronta la reazione delle borse nel Vecchio Continente. Dopo un avvio positivo, Piazza Affari compresa (+0,6%), hanno invertito la rotta fino a perdere il 2%. Il clima di incertezza è stato avvertito anche negli Usa, i cui operatori nella vigilia festeggiavano il giorno dell’indipendenza, per far scattare le vendite anche a casa loro l’indomani. Gli occhi sono puntati da giorni infatti sui verbali della Fed attesi per domani insieme alle scorte settimanali di greggio. Ma proprio sull’oro nero sono inciampati i listini nel finale. La scintilla l’hanno fatta scoppiare gli analisti di Citogroup, affermando, in contrasto con i loro colleghi di JpMorgan, che la recessione potrebbe far scendere il prezzo del barile fino a 65 dollari e oltre.
PETROLIO – Gli operatori ci hanno creduto e hanno iniziato a vendere a mani basse i futures sull’oro nero, facendo scendere il barile texano (Wti -9% a 98,56 dollari) ben sotto quota 100, a cui si è avvicinato il Brent (-10,11% a 102,04 dollari). Una circostanza che ha fatto invertire la rotta alla Borsa di Londra (-2,9%), dove sono quotate le principali compagnie petrolifere da Shell (-8,64%) a Bp (-7,01%). Male hanno fatto anche Total Energies (-6,42%) a Parigi (-2,68%) ed Eni (-5,79%) in Piazza Affari (-2,99%), dove Tenaris, che produce i tubi in acciaio per gli impianti petroliferi, ha ceduto l’8,25%. Deboli sulla piazza milanese anche i titoli del comparto industriale da Iveco (-7,64%) a Leonardo (-7,47%), da Cnh (-4,01%) a Stellantis (-3,07%), dopo il calo di oltre il 14% del mercato dell’auto in Francia in giugno, che ha pesato anche su Pirelli (-3,31%).