Dl aiuti al Senato: Letta tenta il riavvicinamento con Conte per evitare rischi al governo
ROMA – Dopo la scissione fra Di Maio il M5s di Conte, in tanti predicano cautela in un momento assai delicato per il Paese ma i pentastellati restano in fibrillazione. Il ministro Patuanelli, in un colloquio con Repubblica, alla domanda se l’ipotesi della non-fiducia, con l’uscita dall’Aula del Senato al momento del voto, sia percorribile per il M5S, ha risposto possibilista: “Vediamo. Non lo escludo”.
E, mentre sale la tensione nel Movimento in vista del voto di fiducia al Senato sul dl aiuti, il Pd tende una mano ai pentastellati che – consegnato il documento con le loro nove priorità al premier Mario Draghi – hanno un piede dentro e uno fuori dall’esecutivo. Basta con i politicismi, è il messaggio dei dem, che indicano una via concreta per uscire dall’impasse: lavorare sui temi, “dando risposte sui salari e sul welfare”. Per il vicesegretario del Partito Democratico, Peppe Provenzano, è questa la chiave di volta: sia durante questa esperienza di governo, sia per le future alleanze: “La grande sfida per i progressisti è dare risposte ora sui salari e sul welfare al governo, e con una proposta di radicale cambiamento per vincere le elezioni”.
La consonanza con le proposte portate da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi è evidente ed è su questo che si lavorerà nei prossimi giorni per arrivare ad un punto di sintesi. “Penso che il M5S non romperà. Sta ponendo dei temi che devono essere oggetto di un confronto politico”, dice il responsabile enti locali del Pd, Francesco Boccia.
I pontieri sono al lavoro per favorire il dialogo a tutti i livelli. Ma la strada è stretta e la prossima settimana sarà decisiva, in particolare per l’approdo del dl aiuti al Senato, dove – a differenza della Camera – voto sulla fiducia e sul provvedimento sono unificati. Per ora l’orientamento prevalente tra i pentastellati, a Palazzo Madama più agguerriti che mai, è quello di abbandonare l’Aula. Ma tale atteggiamento, un escamotage per non sfiduciare formalmente il governo, apparirebbe come una sfiducia di fatto a Draghi, si ragiona in ambienti parlamentari. Le prossime giornate saranno dirimenti per inclinare il piano verso la crisi o la ricomposizione. Nonostante la linea dura sia prevalente, non tutti i 5 stelle sarebbero pronti all’addio. Uno strappo, secondo i calcoli degli ex compagni di squadra di Ipf porterebbe un’altra quindicina di parlamentari dalla parte di Di Maio. Motivo? Nessuno vuole accorciare una legislatura che è ormai vicina alla conclusione.