Tassa di successione (o patrimoniale): la proposta di Letta spacca i politici. Ma anche Draghi è contrario
La tassa di successione, è una questione che da sempre divide sia gli economisti che i partiti ed è spesso stata usata come terreno di scontro nell’agone politico. Soprattutto in campagna elettorale. Quella di cui stiamo parlando sarebbe anche una sorta di patrimoniale strisciante.
Una ricerca di Salvatore Carloni, pubblicata oggi sull’agenzia Agi, sottolinea che non si tratta certo di una querelle moderna, anzi se ne ha traccia fin dal 7° anno dopo Cristo con Augusto, poi nella Repubblica Veneta e più recentemente, ma per criticarla, intervenne invece Luigi Einaudi nel 1943.
Di recente si ricorda lo scontro tra il ministro Padoa Schioppa, che definì le tasse “bellissime”, con Silvio Berlusconi che paragonò l’evasione alla legittima difesa.
“Oggettivamente immorale”, la definì Giulio Tremonti nel 1997 al quale rispose Romano Prodi: “L’abolizione cancella uno dei principali strumenti di uguaglianza sociale”.
Il dibattito è proseguito con toni accesi fino al 2000 quando la tassa di successione venne ridotta dal governo Amato II con la legge n. 342/2000, ministro delle Finanze il socialista ex segretario generale aggiunto della Cgil Ottaviano Del Turco.
Nel 2001 il governo Berlusconi II l’abolì con la legge n. 383/2001, un provvedimento che era stato al centro della campagna elettorale dello stesso Berlusconi,
Ma, nella diatriba fra i due schieramenti e fra i due leader, l’imposta fu ripristinata nel 2006 dal governo Prodi II, con il leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti che dichiarò in campagna elettorale: “Sono per reintrodurla solo per patrimoni e ricchezze sopra una certa soglia”. Nel 2007, intanto, viene reiterata con l’esenzione nel nucleo familiare e portata a 1 milione di euro per erede.
Nel 2008 il ‘Cavaliere’ rilanciò: “La aboliremo”, mentre nel 2019 fu Luigi Di Maio a definirla illiberale.
Enrico Letta adesso l’ha rilanciata, dopo averla riproposta invano nel 2021, quando fu bocciata dal premier Mario Draghi che causticamente rispose: “non è il momento”.
Infine anche la Corte Costituzionale (Presidente Cartabia) ha dichiarato l’attuale tassazione conforme alla Costituzione.
Come si può notare quella del segretario dem sembra una proposta poco felice, ma sarà sicuramente al centro, come lo ius soli, della campagna elettorale del Pd. Due temi che certo non infiammano il cuore degli italiani.