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Ucraina, Macron chiama Putin: “Ritira le armi dalla centrale nucleare”. Allarme a Kiev: missili dal Mar Nero

Missili Mar Nero
Missili dal Mar Mero, allarme in tutta l’Ucraina (Foto ANSA)

KIEV – Un allarme aereo è in corso in tutta l’Ucraina. Lo riporta Unian, secondo cui ci sono state esplosioni e blackout in diverse regioni, soprattutto nell’est del Paese. Nexta riferisce anche di missili russi lanciati dal mar Nero, pubblicando anche un video. Le forze armate ucraine sono arrivate a Hoptivka, un valico di frontiera sul confine ucraino-russo,nel distretto di Dergaci nella regione di Kharkiv.

In una telefonata con Vladimir Putin, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto di far ritirare “le armi pesanti e leggere” dalla zona della centrale nucleare di Zaporizhzhya, mentre il leader del Cremlino è tornato ad accusare Kiev dei raid, avvertendo del rischio di “conseguenze catastrofiche” anche per “gli stoccaggi di scorie radioattive”. La situazione è delicata. E rischia di precipitare provocando preoccupazione su scala mondiale. Secondo il comandante dell’esercito Valery Zaluzhny, solo una cinquantina di km separano le sue truppe dalla Russia. L’avanguardia del 130/mo battaglione si è spinta oltre, rivendicando di essere arrivata al valico di Hoptivka. Dopo 200 giorni di guerra, nell’oblast gli invasori sono in rotta.

Ammessa la ritirata, definita una “riorganizzazione” strategica per concentrare le forze sul Donbass, la stessa Difesa di Mosca ha mostrato con una mappa di cosa resta nelle sue mani: solo una piccola porzione di territorio a est del fiume Oskil, dopo aver perso molti dei centri principali, da Kupiansk a Izyum, su cui continuano comunque a piovere bombe. La reazione russa si è scatenata poi in serata con un pioggia di raid sulle regioni orientali e di missili Kalibr dal Mar Nero, che hanno causato danni alle infrastrutture e massicci blackout.

L’entusiasmo a Kiev, però, resta palpabile. Nei media, nelle dichiarazioni politiche, sui social. Ma il presidente Volodymyr Zelensky resta cauto. “Mosca – ha avvertito – spera di spezzare la resistenza ucraina in inverno, contando sui problemi di riscaldamento in Ucraina e su un possibile indebolimento del sostegno occidentale a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia in Europa”. L’esercito cavalca l’onda, spinto dalle immagini del caotico ritiro del nemico. Il sindaco filorusso di Izyum, sarebbe scappato già prima dell’assalto, e nella fuga le truppe “hanno lasciato un’enorme quantità di equipaggiamento e munizioni”.

Anche nel Lugansk Mosca appare in difficoltà. Secondo il governatore Serhiy Gaidai ha già perso Kreminna, presa ad aprile, mentre file di veicoli verso il confine si estendono per chilometri, anche da città catturate nel 2014. Un esodo confermato dai russi. “Nelle ultime 24 ore, migliaia di persone hanno attraversato la frontiera”, ha detto il governatore di Belgorod, Viaceslav Gladkov. Disfatta o ritiro calcolato che sia, tra le file di Mosca gli strascichi non mancano. Protagonista è ancora il leader ceceno Ramzan Kadyrov che, dopo aver promesso 1.300 rinforzi sul fronte meridionale di Kherson, parla ora di “altri 10.000 combattenti pronti a partire” per la riscossa, senza però risparmiare dure critiche agli alti comandi militari. “Io, Ramzan Kadyrov, dichiaro ufficialmente che tutte queste città (Izyum, Kupiansk e Balakliya) saranno riconquistate e raggiungeremo Odessa nel prossimo futuro. Sono stati commessi degli errori. E penso che se ne trarranno delle conclusioni. E se oggi o domani non ci saranno cambiamenti nella strategia nel condurre l’operazione militare speciale – ha poi avvertito -, dovrò andare al ministero della Difesa e alla dirigenza del Paese per spiegare loro la situazione. E’ una situazione infernale”.

Nel frattempo le parti sono tornate a evocare le trattative, da cui però si dicono lontane. La Russia, ha spiegato il suo ministro degli Esteri Serghei Lavrov, “non rifiuta” i negoziati, ma ci sono “ritardi che complicano il processo”. Il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha però ribadito che il suo governo non farà passi indietro sulle richieste, a partire dalla “liberazione di tutti i territori”. L’allarme intanto resta alto a Zaporizhizhia.

L’agenzia nucleare di Kiev, Energoatom, ha annunciato che il sesto e ultimo reattore funzionante della centrale più grande d’Europa è stato nuovamente scollegato dalla rete. L’Aiea, che nell’impianto mantiene due ispettori, ha poi riferito che “è stata ripristinata la linea elettrica di riserva, che fornisce all’impianto l’elettricità esterna necessaria per il raffreddamento del reattore e altre funzioni di sicurezza”. La situazione continua a suscitare allarme, con l’agenzia Onu che ha avviato le consultazioni per la creazione di una safe zone. Anche per questo Macron ha chiamato Putin.



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