Italia dopo 4 anni al voto: i programmi e le promesse di leader e schieramenti
Fra due settimane si vota (dopo 4 anni e e mezzo, ultima volta il 4 marzo 2018) e gli italiani sono bombardati da promesse, proposte e lusinghe da parte di quasi tutti i leader e i partiti, che hanno cercato di mantenere il proprio bacino elettorale, possibilmente di ampliarlo e di conquistare quella grossa fetta di elettori che, secondo i sondaggi sarebbe ben il 42%, di indecisi e propensi all’astensione.
Proponiamo qui di seguito, cercando di fare chiarezza, i principali punti qualificanti dei programmi dei principali partiti, riassunti nello schema che vedete in alto.
Il filo atlantismo è un imperativo categorico del programma del centrodestra, un progetto che si interseca con le posizioni del Pd e dei sostenitori della cosiddetta “Agenda Draghi” .
Al netto del Ponte sullo Stretto, che non trova molti proseliti al di là di Fi-Lega e Fdi, più complessa è la partita sul fronte delle riforme, con il presidenzialismo e le autonomie, su cui puntano Giorgia Meloni, (per il primo), e Matteo Salvini (per le seconde), che diventa un vero proprio spartiacque rispetto al centrosinistra e ai propositi dei moderati di centro.
Alla richiesta di meno tasse, con una flat tax al 15% anche per i lavoratori dipendenti rilanciata da Matteo Salvini (per Berlusconi potrebbe bastare al 23), il Pd risponde con la rimodulazione dell’Irpef , la parità salariale, e la dote di 10 mila euro per i diciottenni da ricavare da una sorta di patrimoniale. Ma i dem e la sinistra rilanciano anche sui diritti civili, lo ius scholae e la tutela dell’ambiente.
Andando contro uno dei cardini dei 5 stelle, Enrico Letta vorrebbe la modifica del reddito di cittadinanza e del superbonus 110.
Elemento divisivo tra centrodestra, Pd e sinistra è sicuramente la modalità con cui si declinano i canoni su sicurezza e migranti (più orientati verso l’accoglienza nel Pd e nella sinistra e più sul concetto del respingimento da parte di Fratelli d’Italia e Lega) con una ulteriore differenziazione tra Giorgia Meloni , Matteo Salvini e Silvio Berlusconi per quanto riguarda l’ipotesi di “blocco navale” per evitare gli arrivi dalla Libia.
I 5 stelle puntano sugli aiuti alle imprese e alle famiglie, un tema su cui convergono sostanzialmente tutte le forze politiche, sia pure con diverse declinazioni sull’argomento. E tengono il punto su salario minimo e il no alle trivelle (idea che li accomuna alla sinistra ecologista). Il rilancio contro la precarietà del lavoro sembra essere un denominatore comune.
Su salute e nuove fonti energetiche si concentra uno dei 15 punti del centrodestra che però non direbbe no al nucleare pulito dell’ultima generazione: un passo decisamente forte per la sinistra ecologista, i 5 stelle (contrari anche ai termovalorizzatori), e il Pd.
L’inclusione sociale è un altro cavallo di battaglia del centrodestra, mentre il cashback fiscale rappresenta un punto di riferimento per il partito di Conte.
L’agenda Draghi campeggia nel programma di Carlo Calenda e Matteo Renzi, viatico forse non secondario per un eventuale accordo in salsa centrista tra Azione e Italia Viva. Per trovare i punti in comune nei programmi dei due leader non c’è quindi che l’imbarazzo della scelta: dall’atlantismo all’europeismo, al sostegno all’Ucraina. E ancora, il Pnrr con il raggiungimento di tutti i 55 obiettivi. Un Pnrr sul quale invece i partiti del centrodestra chiedono alcune revisioni.
In questo quadro, un capitolo di convergenza tra Calenda e Renzi è quello delle riforme, proprio a cominciare da quelle avviate dal governo uscente, dalla concorrenza alla giustizia (a partire dalla riforma del Csm), dal fisco, con la riforma dell’Irpef ,all’agenda sociale.
Attenzione anche per la politica energetica e ambientale, con una forte spinta per le rinnovabili, l’installazione dei rigassificatori che invece vede la contrarietà della sinistra.
Come si vede molte proposte in ordine sparso un po’ su tutti i temi, ma quello che interessa adesso agli elettori sarebbe conoscere cosa vogliono fare i due schieramenti, una volta conquistato il potere, per alleviare le difficoltà economiche e sociali derivanti da costi energetici, conseguenze della guerra in Ucraina, aumenti di mutui, prestiti che rendono difficili la vita di una buona parte degli italiani.
Su questo adesso (prima delle elezioni) quasi tutti chiedono un intervento di Draghi che tolga le castagne dal fuoco. Ma il premier, ancora scottato da chi ha provocato la caduta del suo governo e, ancor prima, gli ha sbarrato la strada al Quirinale, non sembra avere fretta. Che se la veda il prossimo governo.