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Sprint sui ministri: si delinea la squadra di governo. La Meloni ricuce. Ma il Pd cerca nuovi “strappi” nel Centrodestra

Tajani
Antonio Tajani: per lui si profila un ministero pesante

Era già successo quasi trent’anni fa, nel 1994, quando l’allora Pds fece di tutto provocare lo strappo fra Bossi e Berlusconi. Ricapitò dopo le elezioni del 2008, quando a “strappare” fu Gianfranco Fini, in quel momento presidente della Camera. Il Pd riuscì a “minare” il governo Berlusconi, che poi cadde. E la stessa strategia, cioè di seminare caos e malumori nella coalizione che ha vinto le elezioni, il Pd, dal punto di vista politico del tutto legittimamente, cerca di portarla avanti ora. Del resto, è l’unica mossa politica che gli resta, dopo la grave sconfitta elettorale del 25 settembre 2022.

MELONI – Giorgia Meloni, granitica fino al giorno dopo le elezioni, ha cominciato a mostrare insofferenza con Berlusconi e Salvini, non appena è arrivato il momento di fare le scelte. Non a caso suscita scalpore il foglietto scritto da Berlusconi con frasi “non catine” sulla leader di Fratelli d’Italia e futura premier. “Repubblica” ha rivelato il caso. La reazione? Giorgia Meloni cerca di essere “politicamente corretta”, apparendo più draghiana che se stessa, ma finisce per andare in rotta di collisione con quelli che sono gli alleati stretti. Certo, le elezioni le ha vinte lei, ma senza di loro non andrebbe da nessuna parte. E allora? Dopo avere, in qualche modo, superato gli scogli delle presidenze delle Camere, Giorgia Meloni accelera sulla squadra di governo e tiene aperti i dossier economici e sull’energia, continuando, tra gli altri, i contatti con Roberto Cingolani. “Non c’è tempo da perdere. All’Italia serve un governo autorevole che lavori in modo spedito”, è il mantra che ripete. Ma i rischi, per lei, sono tanti. Un punto fermo, in queste ore, sembra essere Giancarlo Giorgetti all’Economia, sdoganato plasticamente da Matteo Salvini a Montecitorio con chiacchiere, battute e foto nel cortile, accanto al decano Umberto Bossi.

TAJANI – Si dà in queste ore assai probabile anche Antonio Tajani alla Farnesina, mentre rimangono stazionarie le quotazioni del prefetto Matteo Piantedosi al Viminale. Tuttavia la leader di Fratelli d’Italia non dimentica lo smacco subito ieri a Palazzo Madama, con i 16 voti mancanti di Forza Italia per Ignazio La Russa. E potrebbe farlo pesare nella scelta dei ministri, si ragiona in ambienti della maggioranza, a scapito di FI e a vantaggio della Lega. Pesano inoltre i rapporti tra lei e Silvio Berlusconi, fortemente incrinati. Proprio per questo è inevitabile – fanno notare diverse fonti parlamentari – che serva un chiarimento al più presto. Intanto il giorno dopo la figuraccia al Senato, il centrodestra vota ed elegge Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera. Ma anche stavolta non è stato compatto: al leghista mancano poco più di una decina di voti della coalizione. Del resto, a Montecitorio l’imbarazzo è difficile da nascondere e le facce scure di parecchi forzisti lo confermano.

URSO – Circola così il sospetto, alimentato da più voci, che FdI potrebbe ‘vendicarsi’ ad esempio escludendo dal governo i senatori azzurri che non hanno votato La Russa. A parte il ‘casus belli’ di Licia Ronzulli, il pensiero corre a Francesco Paolo Sisto, ipotizzato nei giorni scorsi come viceministro alla Giustizia. Come Guardasigilli, invece, Meloni sembra non voler cedere sull’ex pm Carlo Nordio, così come il più accreditato alla Difesa sarebbe Adolfo Urso di FdI. Al partito conservatore andrebbe pure il ministero dell’Istruzione (anche se finora non circolano nomi) e lo Sviluppo economico con Guido Crosetto in pole ma anche in pista per la poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio qualora non dovesse concretizzarsi il passaggio a Palazzo Chigi di Giovanbattista Fazzolari, il più accreditato, in queste ore, per tale poltrona. Ma pronto anche per il dicastero per l’attuazione del programma. In alternativa a nomi squisitamente politici, si potrebbe far strada per il sottosegretariato alla presidenza un profilo tecnico.

CALDEROLI – La Lega – complice l’asse rafforzato tra Salvini e Meloni dopo la prova di fiducia al Senato – potrebbe conquistare in tutto 6 ministeri: oltre a Giorgetti e lo ‘pseudo-tecnico’ Piantedosi, si fa largo l’ipotesi di Salvini alle Infrastrutture. “Sono a disposizione. So cosa so fare. Al Viminale l’ho dimostrato”, rammenta. Si confermerebbe, inoltre,l’ipotesi di Gian Marco Centinaio all’Agricoltura e quella di Roberto Calderoli al ministero delle Riforme. In aggiunta ci potrebbe essere un incarico a Simona Baldassarre per il dicastero della Famiglia e natalità. Dalla presunta ira meloniana sarebbe ‘salva’ Elisabetta Casellati, unica a votare insieme al Cav: potrebbe spuntare un incarico alla Pubblica amministrazione.

BERNINI – Per FI, oltre a Tajani, entrerebbero nella squadra Annamaria Bernini al dicastero dell’Università, Paolo Zangrillo alla Salute (ministero chiesto espressamente dal partito) che è in alternativa a Guido Bertolaso. E Alberto Barachini ai Beni culturali, in ‘competizione’ con Gianpaolo Rossi, ex consigliere Rai in quota FdI. Resta sul tavolo anche l’opzione vicepremier, nonostante le perplessità che avrebbe espresso in più di una occasione Meloni, così almeno si racconta, per non fare un’ulteriore concessione agli alleati rispetto a ministeri più pesanti che verrebbero loro assegnati. Ma reggerà quest’impalcatura? La strategia del Pd è quella di cercare la crepa nel Centrodestra. Se qualche scontento abbandonasse per andare nel Gruppo Misto, per il Pd sarebbe già un successo.


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Sandro Bennucci

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