Inverno 2022-23: taglialegna al lavoro. E’ record di richieste, come nella seconda guerra mondiale
In Toscana, regione fra le più boscate d’Italia, si fa strada un’emergenza da tempo di guerra: la necessità di tagliare alberi per far legna. E’ vero che il prezzo del gas è sceso a 115 euro e che Ursula von der Leyen ha fatto sapere che “siamo al sicuro per l’inverno”. Ma è altrettanto che l’idea di scaldarsi accanto al camino è una delle più confortanti. Quindi taglialegna al lavoro per far fronte al record di richieste. Il rischio è che si ripeta davvero quanto avvenne negli inverni durante la Seconda Guerra Mondiale: gran parte degli alberi fu tagliata, in parte per ragioni belliche, in parte perché la popolazione aveva bisogno di legna per scaldarsi.
CARO ENERGIA – Ora è una nuova guerra a mettere a rischio questi ecosistemi. Il caro energia ha causato l’aumento del costo della legna anche del 50 per cento rispetto al 2021 e così imprese agricole, enti e singoli cittadini proprietari di appezzamenti a bosco da qualche tempo vedono la possibilità di ottenere una materia prima di grande valore, da rivendere o utilizzare in vista di un inverno in cui nessuno esclude, oscillamento dei mercati a parte, un razionamento del gas. Così si fanno provviste in Toscana. E la stessa cosa avviene in Lombardia, nel Parco del Ticino, dove è boom di richieste per tagliare alberi nelle zone di proprietà che si trovano all’interno dell’area protetta. Dagli uffici dell’ente hanno già spiegato che gli anni scorsi, alla riapertura della stagione del taglio – quest’anno iniziata il 15 ottobre – le richieste arrivavano alla spicciolata e che ora invece le domande giunte via mail sono già decine e che alla Dogana di Tornavento, dove c’è uno sportello di ricevimento, gli appuntamenti sono esauriti fino a metà novembre.
MONTAGNA – Altra faccia dello stesso fenomeno in Veneto con una forte richiesta di legno da opera (ad esempio tavolame e travi) e soprattutto di legna da ardere, con prezzi per i bancali schizzati a 290/300 euro. Materiale importato per lo più (ma meno di una volta) dall’Europa dell’est perché quella da ardere è una parte minima della legna lavorata in Veneto che, con foreste solo in montagna (nel Bellunese e sull’Asiago), proviene per il 70% da conifere, meno performanti per stufe e caminetti e piante che comunque non sempre possono essere abbattute.
ASMA – L’uso della legna, ripetono soprattutto in questi mesi gli esperti, non è esente poi da pericoli per la salute. Risparmiare per la crisi energetica può costare caro, ha fatto sapere la Società italiana di allergologia asma e immunologia clinica che, in vista dell’inverno, ha messo in guardia “dalle stufe a pellet vecchie e mal utilizzate con prodotti non certificati” e dalla “scarsa areazione degli ambienti” per non disperdere il calore, che può favorire la concentrazione di acari e allergeni.
PELLET – “Se le stufe sono molto vecchie e i prodotti di scarto” del legno che vengono bruciati “non sono certificati, i fumi del pellet sono tra i peggiori inquinanti in circolazione” ha spiegato il presidente della Siaaic, Gianenrico Senna: “Le stufe a pellet, infatti, sono una fonte di combustione che da sola contribuisce alla emissione della metà delle polveri sottili derivanti dalla combustione domestica della biomassa legnosa”. Per non irritare le mucose e per non danneggiare le vie respiratorie, il consiglio di Senna è di “utilizzare impianti non troppo datati e di “evitare prodotti di scarto non certificati”.