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Festa dell’Immacolata: l’omelia del cardinale Betori. “Il primato della persona”

Il Cardinale Betori
Il cardinale Giuseppe Betori

FIRENZE – Ecco il testo integrale dell’omelia del giorno dell’Immacolata, pronunciata durante la messa in Duomo dall’arcivescovo di Firende, cardinale Giuseppe Betori, oggi 8 dicembre 2022.

“Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). L’inviato di Dio, l’angelo Gabriele, così si rivolge alla giovane di Nazaret. Non la chiama con il nome che le avevano dato i genitori, quello con cui era conosciuta nel paese: Maria. L’angelo, inoltre, non le rivela subito quale compito Dio vuole che lei assuma nel disegno di salvezza che egli ha per l’umanità. L’appellativo con cui si rivolge a lei – «piena di grazia» – non dice infatti quel che dovrà essere, sarà il futuro di Maria. Questo verrà indicato successivamente. Ora le parole dell’angelo dicono ciò che Maria è; ciò che lei è non agli occhi degli uomini, ma agli occhi di Dio. Dio, che si fa presente nella vita di Maria mediante il suo angelo, svela il segreto che costituisce da sempre la realtà profonda di lei, semplice fanciulla ebrea, la «piena di grazia».

Noi sappiamo che quando Dio incontra qualcuno, lo cambia, lo fa nuovo e questa novità, che tocca la profondità della persona, viene il più delle volte indicata dal cambiamento del nome. Era già accaduto ad
Abramo, sarebbe accaduto a Pietro. Quando Dio offre la sua alleanza ad Abram di Ur e gli chiede, a lui vecchio e senza figli, di aver fiducia perché di lui farà un popolo che sia luce per tutti popoli, Dio gli cambia il nome, perché la missione che gli è affidata lo trasforma: «Non ti chiamerai più
Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò (Gen 17,5). Lo stesso accade a Simone, il pescatore del lago di Galilea, che nell’incontro con Gesù vede aprirsi di fronte a lui un progetto di vita tutto nuovo, e la sua trasformazione si traduce in un nuovo nome: «Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa” – che significa Pietro» (Gv 1,42).

A Maria non viene mutato il nome in vista della sua missione, perché non c’è nulla da mutare in lei affinché diventi la madre del Figlio di Dio. Le parole dell’angelo – «piena di grazia» – svelano ciò che lei già è, ciò che costituisce la ragione per cui Dio la chiama a diventare madre del suo stesso Figlio. La pienezza di grazia, cioè il dono di Dio che già l’ha fatta tutta sua, l’essere già depositaria di una trasformazione personale che la colloca interamente dalla parte di Dio, libera da ogni legame con il peccato, questo definisce la sua persona e la rende degna di assumere la missione che Dio le affida.
Di qui il primo insegnamento che possiamo raccogliere dalla solennità di oggi: la centralità della persona nel disegno di salvezza di Dio.

Prima ancora di chiederci cosa fare, come svolgere il nostro ruolo, il nostro servizio all’interno della comunità cristiana, il nostro compito e il nostro dovere nella convivenza sociale, dobbiamo metterci in atteggiamento di ascolto e di riconoscimento dell’azione di Dio in noi e nei nostri fratelli. Noi, tutti noi, tutti gli uomini e le donne di questo mondo, siamo destinatari dell’amore di Dio. A noi egli si è rivolto per farci dono della sua grazia. Non ci ha resi immuni da ogni peccato fin dal nostro concepimento, come è
stato per la santissima Madre del suo Figlio, per cui lei non è solo raggiunta dalla grazia ma ne è piena. Ma anche noi siamo stati «scelti» per diventare «santi e immacolati» – come ha ricordato san Paolo nella seconda lettura – al fine di diventare «figli adottivi mediante Gesù Cristo», un progetto di
vita in cui inserire la nostra volontà, così da giungere «a essere lode dellasua gloria» (Ef 1,4.5.12).

L’efficientismo, che domina la cultura diffusa, rischia di penetrare anche nella Chiesa e può farci perdere la verità del primato della persona. Prima ancora delle strutture e dei progetti pastorali, prima degli organismi e delle pianificazioni sociali, c’è la persona. La persona di Gesù, anzitutto, da contemplare, conoscere e amare sempre di più, per poterla comunicare, svelare, testimoniare con la carità nella verità. La persona di Maria e di tuttii santi, che testimoniano quale novità l’incontro con Dio produce nella vita
dell’uomo. Ogni persona umana, la nostra e quella di tutti i fratelli e le sorelle, che costituisce un irripetibile dono di Dio per tutti, un disegno suo da reinventare ogni giorno con fedeltà.

L’Immacolata Concezione di Maria – il suo essere immune dal peccato fin dal momento del suo concepimento – dice fino in fondo il mistero che è la grazia divina. In virtù della grazia possiamo vincere il male; la pienezza di quella grazia ne ha reso Maria del tutto immune. Il mistero della salvezza ha al suo centro l’efficacia del dono dell’amore di Dio, che divinizza l’umanità che lo accoglie.

Ma non viviamo soltanto in un mondo massificato, in cui occorre combattere per salvaguardare, anche nel cammino spirituale, la dignità e il primato della persona. Viviamo anche in un mondo di cui l’uomo ritiene essere un artefice senza responsabilità e senza limiti. Le culture che fanno riferimento all’autonomia umana senza riferimenti oggettivi, come pure i progressi tecnologici che mostrano la crescente efficacia dell’agire umano, che ci si illude illimitato, rischiano di convincerci che non solo tutto ci è possibile, ma anche che tutto ciò che esiste sia, nella radice, frutto del caso e, nella storia, frutto della nostra operosità: l’uomo artefice di sé stesso.

Non c’è spazio per il dono e la gratuità in questa cultura, né nei rapporti tra gli uomini né tantomeno nel rapporto con Dio. Riscoprire la priorità della grazia è essenziale in questo contesto. Fatta immacolata da Dio, Maria può ora rispondergli, in piena libertà, il suo sì di amore. All’angelo che le dice: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo
chiamerai Gesù» (Lc 1,31-32), Maria è in grado di rispondere: «Ec co la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

Non è il sì di Maria a renderla immacolata, ma il suo essere immacolata, lontanada ogni peccato, a rendere possibile il suo sì. Il disegno adombrato fin dalla creazione del mondo, nel momento stesso del primo peccato dell’uomo – come ha ricordato la lettura della pagina della Genesi –, si realizza nella vita di Maria e, grazie a lei, mediante il suo Figio, diventa possibilità per tutti noi.
Annunciare questo Vangelo della grazia è compito essenziale per il cristiano oggi. Certamente il Vangelo di Gesù è un Vangelo di libertà, un Vangelo di speranza, di amore, di pace. Ma se non vogliamo che questi e altri valori vengano mistificati dalla cultura che ci circonda, così che la libertà si traduca in nichilismo, la speranza diventi estraniarsi dai compiti storici, l’amore scada in semplice solidarismo, la stessa aspirazione alla pace diventi inerzia di fronte al male, se non vogliamo tutto questo e altro, occorre che ribadiamo con forza che solo il dono di Dio rende possibile il rinnovamento dell’uomo”.

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