Pelè è morto: addio alla leggenda del calcio. Tre mondiali, mille gol e un indimenticabile colpo di testa a Firenze
SAN PAOLO (BRASILE) – Esplose a 18 anni, al favoloso mondiale di Svezia del 1958, e se n’è andato oggi, 29 dicembre 2022, a 82. Saranno tristi, in Brasile, ma in tutto il mondo che ama il calcio, la fine del 2022 e l’avvio del 2023. Si chiamava Eddson Arantes do Nascimento, ma è sempre stato universalmente riconosciuto come Pelè, la “perla nera”. E anche “o Rei”.
FIGLIA – “La notizia della sua morte è stata data dalla famiglia, coln queste parole: “Tutto ciò che siamo, è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace”. Così, aggiungendo l’emoticon di due cuori e una foto delle sue mani ‘intrecciate’ con quelle di sorelle e nipoti, la figlia di Pelé, Kely Nascimento, ha annunciato su Instagram la morte del padre. O Rei era ricoverato nell’ospedale Albert Einstein di San Paolo dallo scorso 29 novembre, per un ciclo di cure dopo essere stato operato nel settembre del 2021 per un tumore al colon. Aveva contratto anche il Covid. Lascia la moglie Nomi Aoki e sette figli.
TRE MONDIALI – Pelè è stato uno dei personaggi indimenticabili del secolo scorso. E’ stato l’unico calciatore a vincere tre Mondiali e a segnare mille gol, come ricorda un francobollo emesso dalle Poste brasiliane. Celebre l’antagonismo con Maradona, asso di un’epoca diversa. “O rey” ebbe un ruolo preciso, quello di simbolo del calcio mondiale e recitò la parte in maniera perfetta. Gli rese fior di milioni: bastava che si presentasse. I giornalisti gli chiedevano sempre le stesse cose, del resto: cosa avrebbe dovuto dovrebbe rispondere? Ogni volta che arrivava in un posto, anche il più sperduto, c’era sempre un cronista locale che gli domandava delle sue origini e se in giro esistesse un suo erede, magari un carneade di Trinidad o del Mozambico. Lui con pazienza dava un contentino a tutti: “Il calcio è cambiato dai miei tempi, è difficile fare paragoni. Ci sono giocatori molto bravi nel mondo, ma si gioca in maniera diversa, rispetto a quando in campo andavo io”. Come dire: io mi tengo stretto il titolo di re del calcio, voi pensate quel che vi pare. Poi, su input del suo ufficio stampa, magari faceva il nome di qualche carneade, campioncino locale, mandando in brodo di giuggiole gli astanti. Pelè era il re e tutti sono stati suoi sudditi, nel calcio.
SANTOS – La vita è stata generosa con lui. A Tres Coracoes (Brasile), nello stato di Minas Gerais, il piccolo (e povero) Edson Arantes do Nascimiento seguì le orme del papà (Joao Ramos, giocatore del Baurù), fece il ciabattino e abbandonò la scuola dedicandosi al calcio. Lo vide De Brito, ex del San Paolo, e gli insegnò l’abc del pallone. A 14 anni era già un asso. Fece fiasco al primo provino importante, poi il Santos lo prese per una cifra equivalente a 12 degli attuali euro al mese. Esordì in prima squadra, compì mirabilie e a 18 anni divenne campione del mondo col Brasile in Svezia. Nel suo palmarès personale tre titoli mondiali (1958, 1962, 1970) e due Coppe Intercontinentali col Santos, 1012 gol (96 col Brasile), 1500 partite giocate (110 in Nazionale), e un contratto con l’Inter di Angelo Moratti che restò a lungo nella cassaforte del presidente nerazzurro nella vana attesa dell’apertura delle frontiere, per tesserarlo.
FIRENZE – Anche la Juve, e soprattutto la Juve, avrebbe voluto tesserare Pelè. Umberto Agnelli lo chiamò al telefono e gli offrì un ingaggio da favola. Lui stava bene al Santos. Rispose di no. E con la sua squadra, appunto il Santos, giocò anche in Italia. Nel 1958, proprio, a Firenze, restò in panchina nell’amichevole fra Fiorentina e Nazionale brasiliana. Ma io lo ricordo nel Santos contro la Fiorentina: era il 27 giugno 1967. Pelé sfidò i viola al Comunale di Firenze (che non si chiamava ancora Franchi perchè Artemio era ancora vivo e in forte ascesa). Di quella partita, che anche Paolo Rossi vide (era bambino) sono rimaste pochissime testimonianze: solo una foto di “O Rey” con Giancarlo De Sisti. La partità finì 1-1, con Pelé che nel finale del primo tempo prese un palo e che, soprattutto nel secondo tempo, mostrò tutta la sua classe guadagnando un rigore dopo aver saltato tre difensori come birilli. Per la cronaca segnarono Carlos Alberto (su rigore concesso per l’atterramento di Pelè) e, per la Fiorentina, lo sconosciuto giovane Badari. Ma io rimasi abbagliato da un colpo di testa magistrale di Pelè che, nonostante non fosse alto, saltò più in alto di tutti nell’area viola e mandò il pallone solo di qualche centimetro sopra la traversa. Quel ricordo mi rimase stampato in mente. Perchè non ho mai più visto niente di simile in un campo di calcio. Ciao “O Rey”.