Gianluca Vialli è morto: addio a un’altra leggenda del calcio. Mancini distrutto dal dolore. Minuto di silenzio in tutte le partite
LONDRA – Un’altra notizia raggelante per il mondo del calcio: se n’è andato anche Gianluca Vialli. Aveva solo 58 anni. L’ex attaccante, “gemello” di Roberto Mancini nella Sampdoria di Boskov, e poi sulla panchina della nazionale azzurra, è morto a Londra, dopo aver combattuto contro un tumore al pancreas. Sarà ricordato con un minuto di raccoglimento in tutte le partite del week end 7-8 gennaio 2023.
La famiglia di Vialli ha confermato la morte con una nota. “Con incommensurabile tristezza annunciamo la scomparsa di Gianluca Vialli – fanno sapere -. Circondato dalla sua famiglia è spirato la notte scorsa dopo cinque anni di malattia affrontata con coraggio e dignità. Ringraziamo i tanti che l’hanno sostenuto negli anni con il loro affetto. Il suo ricordo e il suo esempio vivranno per sempre nei nostri cuori”. Distrutto dal dolore il ct azzurro, Roberto Mancini, appunto amico fraterno di Vialli. Perchè lui segnava e Mancio rifiniva alle sue spalle.
Lunga e gloriosa la carriera di Vialli. E’ stato capocannoniere dell’Europeo Under-21 nel 1986, della Coppa Italia 1988-1989 in cui ha stabilito, con 13 reti, il record assoluto di realizzazioni in una singola edizione del torneo, della Coppa delle Coppe 1989-1990 e della Serie A 1990-1991. Tra il 1985 e il 1992 ha totalizzato 59 presenze e 16 reti nella nazionale italiana, prendendo parte a due Mondiali (Messico 1986 e Italia 1990) e un Europeo (Germania Ovest 1988); al suo attivo anche 21 gare e 11 gol con l’Under-21, con cui ha disputato due Europei di categoria (1984 e 1986). Più volte candidato al Pallone d’oro, si è classificato 7º nelle edizioni 1988 e 1991. Nel 2015 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.
Dopo gli esordi alla Cremonese in Serie B nell’estate del 1984 passa alla Sampdoria. Esordisce in Serie A il successivo 16 settembre, proprio contro la sua ex squadra. Tre mesi più tardi segna il primo gol, dando i due punti alla squadra contro l’Avellino. Al termine della stagione si aggiudica la Coppa Italia, primo trofeo della storia blucerchiata, segnando al Milan nella finale di ritorno. La vittoria della coppa gli permette, nell’annata 1985-1986, di esordire nelle competizioni europee facendo registrare 4 apparizioni in Coppa delle Coppe.
Nel primo biennio sotto la Lanterna il giocatore offre un rendimento discontinuo anche a causa dei dubbi circa la sua posizione in campo, con l’allenatore Eugenio Bersellini il quale lo alterna tra la fascia e l’area di rigore, senza riuscire a risolvere l’impasse. La svolta arriva nell’estate 1986 quando sulla panchina doriana si siede Vujadin Boškov, il quale, replicando quanto già fatto da Azeglio Vicini nella nazionale giovanile, anche in blucerchiato avanza stabilmente Vialli a prima punta, in pratica invertendone i ruoli con il compagno di reparto Roberto Mancini: l’intesa tra i due sboccia repentinamente, divenendo il tandem-simbolo dell’epoca più luminosa del club.
Con Mancio a rifinire alle sue spalle, a partire dalla stagione 1986-1987 Vialli si afferma definitivamente tra i migliori attaccanti della sua generazione. Contribuisce alla conquista di altre due Coppe Italia nelle annate 1987-1988 (con un gol al Torino nella finale di andata) e 1988-1989. Nell’annata 1989-1990 è protagonista della vittoria doriana in Coppa delle Coppe: si laurea capocannoniere della competizione con 7 reti, due delle quali realizzate nella finale di Göteborg contro l’Anderlecht. Nella stagione 1990-1991 arriva infine l’agognato Scudetto, il primo e fin qui unico nella storia del club ligure: l’apporto sottorete diVialliè determinante, tant’è che il numero nove blucerchiato si laurea anche capocannoniere del campionato con 19 realizzazioni.
Nel 1992 disputa invece la sua prima finale di Coppa dei Campioni, persa a Wembley 1-0 contro il Barcellona. Al termine della stagione 1991-1992, Vialli si trasferisce alla Juventus. L’esperienza torinese di Vialli si rivela divisa in due nette e diverse fasi. Nel biennio iniziale, agli ordini di Giovanni Trapattoni, pur vincendo la Coppa Uefa 1992-1993 l’attaccante accusa qualche difficoltà di ambientamento a cui si sommano numerosi infortuni ed equivoci tattici sulla posizione in campo. Dalla stagione 1994-1995, rigenerato fisicamente e mentalmente dal nuovo tecnico Marcello Lippi il quale ne fa il fulcro dell’attacco bianconero, Vialli emerge invece come il leader della formazione torinese, complice la lunga lontananza dai campi in cui incappa l’infortunato Roberto Baggio; al termine dell’annata conquista il secondo Scudetto e la quarta Coppa Italia della propria carriera.
Nell’annata 1995-1996, la sua quarta e ultima in maglia bianconera, giostrando nell’ormai consolidato trio offensivo con Del Piero e Ravanelli, Vialli trascina i compagni di squadra ai trionfi in Supercoppa italiana, ultimo trofeo nazionale che ancora mancava alla bacheca juventina, e soprattutto in Champions League: proprio la vittoriosa finale di Roma contro l’Ajax è la sua ultima apparizione per il club torinese, con cui ha disputato 145 partite e segnato 53 reti. Nella stagione 1996-1997 approda in Inghilterra, abbracciando la causa di un ambizioso Chelsea in cerca di rilancio dopo decenni di anonimato, e che onde perseguire l’obiettivo ha arruolato una nutrita pattuglia italiana che vede anche Roberto Di Matteo e Gianfranco Zola. Dopo la vittoria in FA Cup nell’annata d’esordio, un’affermazione a suo modo storica poiché il primo, importante trofeo in casa Blues da oltre un quarto di secolo a quella parte, in quella seguente l’avventura londinese di Vialli pare destinata a concludersi precocemente, per via degli ormai pessimi rapporti con il player manager Ruud Gullit; tuttavia nel febbraio 1998, con una mossa a sorpresa, il presidente del club Ken Bates promuove proprio l’italiano nel doppio ruolo, al posto del dimissionario olandese. In queste vesti, e facendo presto ricredere i più, guida i compagni di squadra a un glorioso finale di stagione grazie alle affermazioni in Football League Cup e in Coppa delle Coppe.
Nell’annata 1998-1999 arriva la vittoria da underdog in Supercoppa contro il blasonato Real Madrid nonché un ottimo rendimento in campionato, dove perde solamente tre partite, non potendo tuttavia competere realisticamente contro un Manchester Utd artefice di uno storico treble; globalmente positiva anche la difesa della Coppa delle Coppe, pur arrendendosi in semifinale alla rivelazione Maiorca, poi battuto in finale dalla Lazio dell’altro «gemello del gol» di sampdoriana memoria, Mancini. Ritiratosi dal calcio giocato al termine di questa stagione, da qui in avanti ricopre la sola carica di tecnico dei londinesi. Il resto è storia recente: dal ritorno del sodalizio con Mancini in Nazionale alla straordinaria vittoria dell’Europeo a Wembley. Fino alla fine. Sarà ricordato con un minuto di raccoglimento nelle partite del week end 7-8 gennaio 2023.
Sandro Bennucci
Caro Antonio,
grazie per il suo pensiero e per l’espressione di un dolore che, avendo la sua stessa età, condivido pienamente. Vialli e Mancini ho avuto la fortuna di vederli arrivare e crescere all’ombra di Coverciano. Mi creda: erano uno spettacolo. E non solo sul campo. Gianluca resterà nel suo e nel mio cuore. Mancini avrà la responsabilità di vincere, con l’Italia, anche in nome del suo eterno “gemello”.
Un caro saluto e auguroni per un 2023 che, si spera, possa darci ben altre notizie.
Sandro Bennucci
salvatore antonio palermo
Caro Direttore,
non ci si riesce a rassegnarsi. Io sono un tifoso interista, ho tifato per la mia squadra e tifo ancora a quasi 72 anni trepidando, soffrendo esultando per quel pallone che da quando sono nato rotola insieme alla mia vita e forse in mezzo a tutte queste contraddizioni è l’unica cosa bella rimasta da amare, insieme alla propria famiglia e ai propri cari.
Gianluca però da sempre mi ha entusiasmato, dai tempi in cui con Mancini si faceva ammirare, si facevano ammirare per le prodezze di alto livello prfessionale.
Da quando ho appreso del tumore che lo affliggeva mi aspettavo ( perchè già sapevo della gravità della sua malattia che non perdona) questa notizia ma nonostante tutto speravo, credevo negli sviluppi della medicina.
Nei miei occhi c’è l’abbraccio con Mancini dopo la Vittoria della Coppa Europa. Un pianto che si vedeva che non era solo di gioia. Dietro quel pianto c’era la paura che quella gioia finisse per essere stroncata da quel nemico che aveva imparato a conoscere e sfidare ogni giorno.
Le affido con queste righe il dolore di un tifoso di calcio che vive questo momento tristissimo. Ma nel frattempo so che Gianluca vivrà in un ricordo perenne che mai si estinguerà in tutti noi.
salvatore antonio palermo