Migranti: l’Italia indica il porto di Ancona alla Geo Barents. Che protesta. Voleva un approdo “comodo” per ripartire subito
ROMA – Abbiamo più volte sottolineato come le istituzioni europee non riescano a stabilire regole comuni per l’ingresso e l’accoglienza di migranti, in particolare quelli irregolari, per evitare di penalizzare gli Stati di frontiera come l’Italia e la Grecia, che sopportano il peso quasi totale degli arrivi e dell’assistenza, con rischi gravi per la sicurezza sanitaria e non.
L’ultimo significativo episodio proprio in queste ore. Il ministero ha assegnato il porto di Ancona alla Geo Barents: la nave di Medici senza frontiere che ha tratto in salvo 73 migranti, tra cui 16 minori non accompagnati, in acque internazionali al largo della Libia ha puntato immediatamente la prua verso l’Italia scegliendo con ciò autonomamente lo Stato in cui far sbarcare i clandestini montati a bordo.
La Ong Medici senza frontiere ha subito contestato l’indicazione, anche se in Italia, perché il porto indicato sarebbe troppo lontano. “In base alle leggi internazionali marittime, l’Italia dovrebbe assegnare il porto sicuro più vicino alla Geo Barents, mentre per raggiungere Ancona ci vorranno almeno 3,5 giorni e le condizioni meteo sono pessime. Assegnare un porto più vicino avrebbe soprattutto un impatto positivo sulla salute fisica e mentale dei sopravvissuti a bordo. Chiediamo pertanto al ministero dell’Interno l’assegnazione di un porto sicuro più vicino che tenga in considerazione la posizione attuale della Geo Barents”, ha tuonato Juan Matias Gil, capomissione Medici senza frontiere. L’Italia, naturalmente, lo lascia tuonare.
L’Italia ha cercato, fin dall’epoca del governo Renzi, di “costringere” la Ue a provvedere, ma invano. L’egoismo dei Paesi nordici e frugali ha opposto resistenze insuperabili. Alla fine l’attuale governo ha riproposto regole che ponessero limiti alle azioni delle Ong, introducendo un codice di comportamento, sulla falsariga di quello già adottato dall’allora ministro Minniti. Ma la Ue è subito scesa in campo a difesa delle navi umanitarie, dichiarando che non aveva nessun potere di giudicare il nuovo provvedimento, ma ricordando all’Italia che la legge del mare, la legge internazionale invocata dalle Ong, va sempre rispettata.
Le organizzazioni umanitarie che gestiscono le navi che incrociano nel Mediterraneo e fanno la spola fra l’Africa e l’Italia si sono sentite dunque in diritto di ignorare le nuove disposizioni firmate da Piantedosi e da altri ministri e non rispettano, anzi contestano, le indicazioni del ministero dell’Interno. Ma l’Europa continuiamo a chiederci dov’è. E anche a cosa serve, al di là del Qatargate e polemiche collegate.