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Ucraina: dal blitz fallito della Russia alla guerra infinita. Al piano di pace pensato dalla Cina

Putin e Zelensky

Il mondo aspetta. Che cosa? il piano della Cina per arrivare a una pace accettabile da Kiev e che Mosca, non possa rifiutare. Intanto ci si svolta indietro, a guardare come tutto cominciò, il 24 febbraio 2022. E dove il sogno di Putin, di una vittoria lampo, andarono in frantumi. Non era un bagnasciuga il luogo in cui le truppe russe lanciate alla conquista di Kiev vennero fermate, pochi giorni dopo la tentata invasione dell’Ucraina. Non era un bagnasciuga, ma l’Aeroporto Antonov, a Hostomel, meno di dieci chilometri a nord-ovest di Kiev. Qui le truppe russe videro fallire il loro piano di impossessarsi della capitale e, alcune settimane dopo, si dovettero ritirare.

Da allora le ostilità si sono concentrate nel sud e nell’est del Paese, trasformandosi gradualmente in un conflitto d’attrito molto diverso dal blitz che Mosca aveva in mente. Il 24 febbraio di un anno fa le truppe russe entrarono in Ucraina dal confine bielorusso a nord, da quello con la Crimea a sud e da quello russo nell’est e nord-est. Forze aviotrasportate di Mosca attaccarono l’aeroporto Antonov con l’obiettivo di farne una testa di ponte per la conquista di Kiev. Ma gli ucraini erano preparati a rispondere.

A metterli in allarme, secondo quanto affermato in seguito dal capo deiservizisegreti militari Kyrylo Budanov, era stato solo il giorno prima Denys Kireyev, un banchiere e agente dell’intelligence destinato ad essere ucciso circa due settimane dopo dagli stessi servizi di Kiev, perché sospettato di fare il doppio gioco. Dopo una feroce battaglia le forze di Mosca riuscirono a conquistare lo scalo, che però era ormai troppo danneggiato per essere utilizzato. E alla fine di marzo, Mosca annunciò il ritiro delle sue truppe dalla regione di Kiev, sancendo la rinuncia alla conquista della capitale, mentre i negoziati russo-ucraini sembravano avviati su una buona strada.

I russi, che al massimo della loro espansione erano arrivati a controllare il 27% dell’Ucraina, ne occupano oggi tra il 15% e il 20%, dopo essersi dovuti ritirare alla fine dell’estate dalla regione di Kharkiv e poi, a novembre, da parte di quella di Kherson, compreso il capoluogo. Lungo la costa del Mar Nero, ad ovest della Crimea, non si è concretizzata una possibile offensiva per catturare Odessa e poi arrivare alla Transnistria, autoproclamata repubblica indipendente filorussa sul territorio della Moldavia. Uno scenario che per l’Ucraina avrebbe significato il tracollo.

Il fronte, invece, si è cristallizzato lungo un migliaio di chilometri ad est della stessa Crimea, nelle province di Kherson e Zaporizhzhia, e poi verso nord, in quelle di Donetsk e Lugansk. Annettendosi ufficialmente questi quattro oblast, Mosca ha occupato l’intera costa del Mar d’Azov, che collega il Donbass con la Crimea. Ma buona parte dei territori di queste province sfuggono ancora al suo controllo. Per conquistare le intere province di Donetsk e Lugansk saranno necessari ancora “tra un anno e mezzo e due anni”, ha predetto Yevgeny Prigozhin, capo della milizia privata Wagner che è in prima linea nella battaglia del Donbass. La Russia sembra dunque prepararsi ad un conflitto di lunga durata, ma l’offensiva in corso in queste settimane mostra che non intende rinunciare ai suoi obiettivi.

I primi sono le conquiste delle cittadine di Vulhedar e di Bakhmut (Artyomovsk in russo), dopo aver preso il controllo di quella di Soledar. “Artyomovsk e Soledar hanno un significato molto importante, sono una Stalingrado in miniatura”, afferma Yuriy Podolyaka, un noto analista militare e blogger ucraino filorusso. Sull’altro fronte il corrispondente di guerra filo-Kiev Yuriy Butusov sostiene che ancora più importante è la battaglia per Vulhedar, snodo di comunicazione che i russi vogliono conquistare per impedire che gli ucraini la trasformino in un trampolino per la possibile controffensiva verso sud, in direzione della Crimea.

Per i russi, infatti, è vitale consolidare le proprie posizioni lungo il Mar d’Azov spingendosi verso nord, nelle province di Kherson e Zaporizhzhia, proprio per proteggere la Crimea e garantirle le forniture d’acqua, in particolare dalla diga di Kakhovka, che Kiev aveva tagliato alla penisola dopo la sua annessione alla Russia nel 2014. Quindi se Odessa è la linea rossa che Kiev deve difendere ad ogni costo per mantenere l’accesso al Mar Nero, così lo è la Crimea per Mosca, a protezione di un Mar d’Azov trasformato in un lago russo. Non è un caso che i ricorrenti bombardamenti missilistici che prendono di mira le infrastrutture di molte città ucraine siano cominciati dopo l’attentato con un camion bomba che l’8 ottobre ha provocato la parziale distruzione del ponte sullo Stretto di Kerch che collega la penisola al territorio russo. Il timore? Che sia lunga, troppo lunga. Pechino, come ha detto l’uomo di Xi alla conferenza di Monaco, ha un’idea in serbo. L’augurio? Che sia più efficace dei tentativi fatti finora da Erdogan e da tutti.


Sandro Bennucci

Direttore del Firenze PostScrivi al Direttore

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