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Giorgia Meloni

Nomine: Meloni blinda Cingolani e Donnarumma. Gli altri nodi da sciogliere

Giorgia Meloni
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni (Foto d’archivio)

ROMA – S’intrecciano le telefonate, oggi 11 aprile 2023, fra gli esponenti di governo per dipanare la matassa delle nomine. Prima di giovedì le intese dovranno essere raggiunte. Giorgia Meloni fa sapere di essere apertra anche a soluzioni che non necessariamente siano scelte di parte, ma servano al Paese, come competenze ed esperienza. Non mancano però le fibrillazioni. Soprattutto la Lega, che teme di rimanere a bocca asciutta nella scelta dei vertici delle big 5 (Eni, Enel, Poste, Leonardo e Terna).

Per la presidenza dell’Enel sarebbe in lizza Paolo Scaroni, una candidatura “pesante” e cara a Forza Italia, che sarebbe ben vista dalla Lega che invece starebbe osteggiando Donnarumma. Oltre a Scaroni si fa il nome di Luciano Carta, attuale presidente di Leonardo dove sembrava fatta per il passaggio del testimone tra Profumo e Lorenzo Mariani, ad di Mbda sostenuto dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Ma Meloni per quel ruolo fin da principio aveva immaginato Roberto Cingolani, l’ex ministro della Transizione ecologica di Mario Draghi, rimasto come consulente nel passaggio al nuovo governo.

La premier sarebbe intenzionata a procedere su questa linea anche se c’è chi, tra le alternative, vede anche la possibilità di una presidenza per Cingolani, magari con precise deleghe. Per la presidenza del colosso dell’industria della difesa e dell’aerospazio si fa anche il nome del generale Giuseppe Zafarana, attuale comandante della Guardia di Finanza, che a sua volta libererebbe una ulteriore casella da riempire. Sullo sfondo si sta consumando in Parlamento un braccio di ferro sul rinnovo della presidenza dell’Istat per Gian Carlo Blangiardo. Domani è l’ultimo giorno utile per esprimere il parere (vincolante) ma servono i due terzi dei voti delle commissioni. E la maggioranza continua a non avere i numeri.

I contatti, le riunioni a distanza tra gli sherpa, sono proseguiti sottotraccia per tutto il fine settimana pasquale e un punto, anche a distanza, potrebbe essere fatto domani prima del Consiglio dei ministri. E prima che Giancarlo Giorgetti – al ministero dell’economia spetta formalmente l’indicazione delle liste – voli a Washington per le riunioni primaverili del Fondo monetario internazionale. I punti fermi al momento sono pochi, a parte la conferma di Claudio Descalzi alla guida dell’Eni data da tutti sostanzialmente per scontata. Anche l’ad di Poste Matteo Del Fante dovrebbe rimanere al suo posto (e potrebbe avere accanto una donna come nuovo presidente). Niente rivoluzioni d’altronde sarebbe l’intenzione della premier, mantenere “chi ha fatto bene” ai vertici, e seguire il criterio della “competenza” più che il manuale Cencelli, la linea. Soprattutto sugli amministratori delegati la premier fin dall’inizio aveva fatto sapere agli alleati di voler avere l’ultima parola. Lasciando spazio alle richieste di Lega e Fi sulle presidenze, sulla composizione dei consigli e anche, più avanti, sulla vasta platea delle società non quotate. La Lega vorrebbe almeno la presidenza dell’Eni (era circolato anche il nome dell’europarlamentare – ed euroscettico – Antonio Rinaldi), ma le caselle più incerte, e su cui si registrano tensioni incrociate, restano quelle di Enel e Leonardo, che, a cascata, si portano dietro la composizione dell’intero puzzle. Dato per certo, e condiviso, l’arrivo al capolinea per Francesco Starace e Alessandro Profumo, i problemi iniziano sui nomi dei loro sostituti.

Per l’Enel Meloni vorrebbe Stefano Donnarumma, liberando Terna dove potrebbe arrivare come ad Giuseppina di Foggia, vicepresidente di Nokia. Inserire almeno una donna tra gli amministratori delegati era peraltro uno degli obiettivi dichiarati in pubblico dalla premier. Ma l’intesa non c’è, e qualcuno, per superare l’impasse, ha suggerito anche di richiamare Fulvio Conti, già ad e direttore generale dell’Enel. “Si lavora in piena sintonia” minimizzano dal governo, e in fondo “c’è tempo, almeno un paio di giorni interi” di qui al 13, osserva un ministro.



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