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Toscana: il Pd di Schlein e Fossi perde tutto. Senza un vero riformismo strada spianata al Centrodestra

Schlein
Elly Schlein durante l’incontro ‘Parte da noi’ nel quale annunciò la sua candidatura alla guida del Pd (Roma, 04 dicembre 2022) ANSA/GIUSEPPE LAMI

Perfido, Matteo Salvini, gira subito il coltello nella piaga twittando: “Straordinari risultati per la Lega e il Centrodestra in tutta Italia, con storiche vittorie ad Ancona – unico capoluogo regionale al voto, da sempre amministrato dalla sinistra – e Brindisi. Trionfo in Toscana con successi netti a Massa, Pisa e Siena . Non c’è che dire: un ottimo Effetto Schlein”.

In effetti, per il Pd è una botta tremenda. Che fa vacillare un potere che i Dem avevano ereditato dal vecchio Pci, egemone in Toscana dalle elezioni regionali all’inizio degli anni Settanta. Un Pd, quello toscano, a vocazione da sempre riformista, scavalcato nelle elezioni per la segreteria nazionale e regionale dal massimalismo percepito con l’arrivo di Elly Schlein ed Emiliano Fossi. Quest’ultimo ha addirittura subìto lo schiaffo diretto, perdendo il suo comune, Campi Bisenzio, conquistato da Andrea Tagliaferri, neo sindaco per il Movimento 5 Stelle e la sinistra radicale.

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Il governatore della Toscana Eugenio Giani

Dovrà fare una profonda riflessione, il Pd anche in Toscana. Dove le profonde spaccature provocate dalla segretaria nazionale (per esempio con l’uscita di scena di Andrea Marcucci) e del segretario regionale (in rotta di collisione perfino con Rosa Maria Di Giorgi, che si era autoproposta per le primare a sindaco di Firenze) hanno probabilmente disorientato gli elettori. Molti dei quali sono andati a ingrossare le fila di coloro che, ormai da tempo, non vanno più a votare. Semmai riprendono forza coloro che, come il presidente della Regione, Eugenio Giani, e il sindaco di Firenze, Dario Nardella, si erano schierati con Stefano Bonaccini, raccomandando moderazione. Nona parole, ma anche con i fatti: dando il via libera, 27 anni dopo la conferenza dei servizi, al sottoattraversamento ferroviario di Firenze e dichiarandosi pronti a dare il via alla nuova pista di Peretola. Dove si scontreranno con il nuovo sindaco di Campi Bisenzio, Tagliaferri – che ha vinto il “derby” col dem Fabbri proprio per il “no” all’aeroporto e all’inceneritore – ma avranno la possibilità di puntare su un riformismo che va oltre gli steccati e la politica del muro contro muro.

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Il sindaco di Firenze, Dario Nardella (ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)

A parte situazioni contigenti come a Campi, dove i cittadini si ribellano agli “aeroplanini rumorosi”, la Toscana vuole stare al passo con i tempi, soprattutto a livello infrastrutturale. I no, i veti e le commissioni fatte apposta per perdere tempo sono superati. Il mondo corre. Basta dare un’occhiata in giro: se uno atterra all’aeroporto di Istanbul deve stropicciarsi gli occhi per quel che vede in termini di organizzazione, funzionalità, spazi. Maè solo uno dei mille esempi che si possono fare. La Toscana e Firenze non possono più essere bloccati dal principio del “si può fare, ma lì no”. E se il Pd non si apre e resta ancorato sulle vecchie posizioni, rischia seriamente di andare all’opposizione: in Regione e nel comune capoluogo.

Il Centrodestra sta preparando l’assalto. Al di là delle battute velenose di Salvini, ecco cosa dice Jacopo Cellai, coordinatore fiorentino di Fratelli d’Italia: “Il centrodestra è pronto per governare la Toscana, sono questi ballottaggi a dirlo. Nei comuni dove il centrodestra ha governato ha ottenuto nuovamente la fiducia, anche laddove ci sono stati contrasti e divisioni iniziali nella coalizione. Evidentemente la fiducia nel modo di governare del centrodestra ha prevalso anche su questo. Il Pd esce chiaramente ridimensionato dai risultati toscani, con la ‘ciliegina’ della sconfitta di Campi Bisenzio, la città del segretario regionale e già sindaco. Ora sta a noi raccogliere la voglia di cambiare che c’è, anche a Firenze, e puntare a Toscana 2025”.

Ma il Pd prende schiaffi anche da quella che era una sua parte. O che finora lo è stata. “Quando la sinistra fa la sinistra e si allea con forze che programmaticamente le sono più vicine, diventa competitiva. Questo non avviene quando ci si allea con il Partito democratico”. Lo afferma in una nota Ivan Moscardi, segretario fiorentino di Sinistra Italiana, commentando la vittoria di Andrea Tagliaferri, esponente del partito, al ballottaggio di Campi. “Nell’immaginario collettivo – sostiene Moscardi – il Pd è visto, a volte a torto ma spesso a ragione, come il partito dell’establishment, il guardiano dei vincoli esterni e oggi, purtroppo, come il partito che vuole a tutti i costi una pericolosissima guerra alle porte dell’Europa”. Ed ecco la riprova: un Pd accerchiato. Che rischierà perfino di spaccarsi.


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Sandro Bennucci

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