Abuso d’ufficio: scontro fra governo Meloni e Ue. Anm contro separazione carriere: “Autonomia ridotta”
Si profila uno scontro, fra il governo Meloni e l’Unione Europea, sulla depenalizzazione dell’abuso d’ufficio. Il Centrodestra, sostenuto dal Terzo polo, ha bocciato in commissione Politiche Ue alla Camera la proposta di direttiva Ue anticorruzione, con cui quel tipo di reato verrebbe esteso anche al settore privato. Un portavoce di Bruxelles ha denunciato che la riforma del governo Meloni “depenalizzerebbe importanti forme di corruzione e potrebbe avere un impatto sull’efficace individuazione e lotta alla corruzione”.
Considerazioni che non generano reazioni da Palazzo Chigi, dove per tutta la giornata non si è vista Giorgia Meloni (assente in Consiglio dei ministri), impegnata – è stato spiegato – a preparare la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni che riunirà domenica alla Farnesina diversi leader internazionali. Almeno per qualche giorno, la premier spera di aver messo a tacere le polemiche delle ultime settimane su giustizia e dintorni.
L’obiettivo principale del governo è la separazione delle carriere, il piano è varare un disegno di legge appena prima della sosta estiva, oppure alla ripresa dei lavori a settembre. Ma per l’Anm sarebbe “un passo verso la sottoposizione” delle toghe “al controllo politico”, ha avvertito il presidente Giuseppe Santalucia, secondo cui “c’è una proliferazione di organi di governo autonomo” che stanno “ridimensionando il principio di autonomia della magistratura”.
Chiarito ormai che la modifica del concorso esterno in associazione mafiosa non è in agenda, l’abuso d’ufficio si annuncia un nuovo banco di prova per esecutivo e maggioranza. Palazzo Chigi si è impegnato con il Colle affinché il testo sia coerente con la Costituzione. Ritoccandolo nell’iter parlamentare, se serve. Nella maggioranza c’è la convinzione che non sarà semplice convincere Carlo Nordio a passi indietro su una norma che, è convinzione diffusa fra gli alleati, è necessaria.
“Lo chiede una marea di sindaci, anche di sinistra”, sottolinea Roberto Pella (FI), mentre dal Pd notano che “l’abolizione è contraria agli obblighi internazionali, punisce condotte in alcuni casi meritevoli di sanzione ed è pure pericolosa perché l’abuso d’ufficio è considerato un reato sentinella per scoprire reati più gravi e combattere corruzione e criminalità organizzata”. Fa asse con il centrodestra il Terzo polo: “Più del 90% delle cause di abuso di ufficio finiscono nel nulla e rovinano la vita della gente, in particolare degli amministratori – sostiene Carlo Calenda -. Secondo me l’Unione europea in questo caso sbaglia completamente”.
Dentro FdI, Lega e FI, si sentono ragionamenti di questo tenore: “Se il Quirinale ha sollevato qualche osservazione, a noi non è arrivata”. Al momento, quindi, si parte con l’idea di confermare quanto previsto dal disegno di legge approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri il 15 giugno: una sintesi raggiunta allora anche grazie alla leghista Giulia Bongiorno, che da presidente della commissione Giustizia del Senato guiderà la prima fase dell’esame parlamentare.
Quando partiranno le audizioni, ci sarà senz’altro anche quella dell’Anm che intanto ha ribadito le “perplessità” sull’abrogazione. Se sarà necessario un ritocco, si osserva nel centrodestra, “si troverà una soluzione inattaccabile che vada comunque incontro alle richieste degli amministratori”. Nella maggioranza si respira una certa predisposizione ad ascoltare un’eventuale moral suasion da parte del Quirinale.
Ma dopo questa premessa, molti fanno riferimento a un intervento di Sergio Mattarella otto mesi fa all’Assemblea dell’Anci a Bergamo, dove ricevette una standing ovation dai sindaci. “Sarebbe una sconfitta per la democrazia – disse il Capo dello Stato – se si facesse strada l’idea che l’esercizio della funzione di sindaco, oltre a essere faticoso, sia così gravato da rischi da giungere quasi all’impraticabilità”.