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Alluvione in Libia: rischio epidemie a Derna. Famiglia italo-libica dispersa

ROMA – Dalla Farnesina si segue anche la situazione della famiglia italo-libica scomparsa. “I due figli maggiori sono stati appena rintracciati, sono vivi e a casa dei nonni” ha spiegato Tajani, mentre “per i genitori e la figlia più piccola le ricerche proseguono senza sosta”. La Libia è in pieno dramma.

Il fango continua a restituire i corpi di chi è rimasto intrappolato per sempre sotto i metri di acqua e detriti che hanno ricoperto la Libia nord-orientale. I morti vengono accatastati sulle strade, uno vicino all’altro: impossibile seppellirli tutti. Migliaia i dispersi, almeno 10 mila. Tra questi c’è anche parte di una famiglia italo-libica.

La contaminazione dell’acqua rischia di portare a un’altra emergenza, quella epidemica: l’Onu ha avvertito del pericolo di malattie a Derna, il luogo più colpito dalla tragedia. A cinque giorni dalla catastrofica tempesta Daniel, il bilancio delle vittime continua a salire raggiungendo le 5.600, 7 mila i feriti. Il pensiero fisso, ora, è che molte di queste potevano “essere evitate” secondo Petteri Taalas, capo dell’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, che ha puntato il dito contro le mancate evacuazione dopo il crollo delle dighe, frutto della disorganizzazione legata all’instabilità politica che affligge la Libia. O almeno quello che resta del Paese diventato di un’informe tonalità fango che ha contaminato anche il mare.

Una devastazione chiara dalle immagini satellitari, che si aggrava abbassando la prospettiva a quelle persone che anche a mani nude scavano con la speranza di trovare ancora superstiti. Intere famiglie sono state distrutte, servono aiuti anche per recuperare i corpi e i servizi di soccorso lanciano un appello anche per avere più sacchi per i cadaveri. Ora si indaga sulle responsabilità. Mohammed al-Menfi, leader dell’amministrazione libica con sede a Tripoli, ha chiesto alla procura di aprire un’indagine sul crollo delle due dighe che hanno dato il via all’inondazione, rimaste per troppi anni senza manutenzione.

Un Paese che, già martoriato dai conflitti interni, ora si trova a dover gestire una situazione al limite del collasso. Derna si stava riprendendo dalla distruzione della guerra dopo essere caduta nel 2014 sotto l’Isis, prima che il generale Khalifa Haftar la riconquistasse con le armi. Ora è quasi cancellata. Molti l’hanno abbandonata andando a rimpolpare un esercito di almeno 30 mila sfollati.

“Mezza città è al buio, non c’è internet, non c’è benzina” spiega Michele Servadei, Rappresentante Unicef in Libia, chiedendo un intervento immediato per raggiungere città come Susah, al momento quasi completamente isolate. I più a rischio, come spesso accade in queste situazioni, sono i bambini. Nelle aree più colpite sono il 30% delle popolazione totale, ed è altamente probabile “che una vittima su 3 sia un bambino, anzi anche di più perché sono i più fragili” mette in allarme Servadei.

L’Unicef sta monitorando la situazione e ha già mandato medicine per 10 mila persone, kit di igiene per 1.100, set di vestiti per i più piccoli. “Stiamo spedendo 50 tonnellate di aiuti, i primi arriveranno sabato” racconta Servadei, ma è forte la richiesta di interventi umanitari perché “questa tragedia riporta il Paese indietro di anni”. La solidarietà della comunità internazionale, comunque, è già partita.

Una prima squadra di esperti del Dipartimento della Protezione civile, dei Vigili del fuoco, del ministero della Difesa e della Farnesina è arrivata martedì sul posto, mentre la Croce Rossa Italiana ha inviato nelle ultime 48 ore mezzi di soccorso e di emergenza, uniti ad aiuti di prima necessità. Dal governo, fa sapere il ministro degli Esteri Antonio Tajani, è stato anche disposto “un primo contributo di 350.000 euro sui fondi immediatamente disponibili nell’ambito della risposta umanitaria delle Nazioni Unite”.

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