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Papa Francesco telefona a Biden per la pace. Iran: “Rischio di escalation”. Israele: “Pronti a colpire Teheran”

Joe Biden

ROMA – Telefonata, nel pomeriggio di oggi, 22 ottobre 2023, tra Papa Francesco e il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. La conversazione, durata circa 20 minuti, ha avuto come argomento le situazioni di conflitto nel mondo e il bisogno di individuare percorsi di pace. Lo rende noto la Sala Stampa della Santa Sede.

Intanto sale il rischio di un’escalation del conflitto in Medio Oriente, con conseguente allargamento dello scontro. L’Iran fa sapere che “la crisi può diventare incontrollabile”. Tel Aviv replica: “Se attaccati, colpiremo Teheran”.

Gli Stati Uniti, che si sono detti pronti a intervenire per proteggere le proprie forze e il proprio personale nella regione. Il pericolo più grande, secondo Washington, è legato alle azioni di Iran e del gurppo libanese Hezbollah.

Come sottolineato dal segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, gli Usa “sono preoccupati” per la potenziale escalation e sono pronti a garantire che le proprie truppe “siano nella giusta posizione, siano protette e che abbiamo la capacità di rispondere”.

Sulla stessa linea il segretario di Stato americano, Antony Blinken, che ha ribadito il messaggio a Hezbollah e Iran a non intervenire nel conflitto. “Nessuno vuole un’escalation. Ma saremo pronti ad agire se dovesse essere reso necessario”, ha affermato.

Da parte sua, il presidente americano, Joe Biden, ha confermato che “Israele ha il diritto di difendersi” ma, allo stesso tempo, ha ricordato al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, di operare “secondo le leggi della guerra” e garantire quindi “la massima protezione per i civili”.

Sull’aiuto ai civili, va registrato l’ingresso dal lato egiziano di Rafah di un secondo convoglio di 17 tir con aiuti umanitari per Gaza. Tra questi però non compare il carburante di cui l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha fatto esplicita richiesta per proseguire l’assistenza umanitaria.

Intanto Netanyahu, ha lanciato un duro messaggio a Hezbollah, sottolineando che, se dovesse entrare in guerra, Israele è pronta a colpire “con una forza che non può nemmeno immaginare e per Hezbollah e per Libano sarà devastante”.

Altrettanto duro il messaggio arrivato dall’Iran nei confronti di Usa e Israele. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha avvertito che la situazione potrebbe andare “fuori controllo” in Medioriente se non sarà “immediatamente messa fine ai crimini contro l’umanità e al genocidio a Gaza”.

Da Mosca è arrivata poi la conferma che lunedì il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, si recherà a Teheran per colloqui con le autorità iraniane.La possibilità di una escalation preoccupa anche il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha spiegato come si sta lavorando “per evitare un allargamento del conflitto in Libano e in Iran”.

Tajani ha anche parlato di “due ostaggi italo-israeliani, una donna e un giovane” e di un gruppo di 19 italiani bloccati nel sud della Striscia di Gaza. Quello degli ostaggi resta un fronte aperto. Secondo le forze di difesa israeliane, sono almeno 212 le persone rapite da Hamas. Sul conflitto in Medioriente si è espressa anche la Cina, invitando l’Onu a convocare quanto prima una conferenza di pace.

Sul campo, la giornata è iniziata con un raid israeliano sulla moschea Al-Ansar a Jenin, in Cisgiordania, adibita, secondo l’esercito di Tel Aviv, a postazione di Hamas e della Jihad islamica palestinese. L’attacco avrebbe neutralizzato una cellula terroristica che stava preparando un attentato sul territorio israeliano.

Le forze israeliane hanno anche effettuato un attacco aereo contro una base di Hezbollah nel sud del Libano, in risposta al lancio di missili anticarro sul nord di Israele. Inoltre, un drone in avvicinamento allo spazio aereo israeliano dal Libano è stato intercettato dal sistema di difesa aerea Iron Dome.

Colpiti anche gli aeroporti di Damasco e Aleppo, che sono stati messi temporaneamente fuori servizio da un raid israeliano in cui, secondo la Direzione generale della meteorologia siriana, sono morti due lavoratori.

Si allarga, dunque, il numero delle vittime del conflitto. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, dallo scorso 7 ottobre sono stati uccisi 4.741 palestinesi, di cui il 40% erano bambini. La polizia israeliana e le forze di Difesa israeliane, hanno riferito di aver identificato finora i corpi di 1.075 persone uccise nel massacro compiuto da Hamas due settimane fa. Ad oggi, secondo le autorità israeliane, sono stati identificati 769 civili e 307 soldati.



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