Mostre: a Palazzo Pitti la storia del ghetto ebraico di Firenze
FIRENZE – A Palazzo Pitti si è aperta una mostra sulla storia del Ghetto ebraico di Firenze, visibile fino al 28 gennaio 2024. Il Ghetto ebraico è esistito in città tra il Sedicesimo e il Diciannovesimo secolo; “Gli ebrei, i Medici e il Ghetto di Firenze” è il titolo dell’esposizione, organizzata dalle Gallerie degli Uffizi ed allestita a Palazzo Pitti.
Il Ghetto fiorentino fu fondato nel 1570 da Cosimo I e da Carlo Pitti, come parte del progetto di riordino urbano, e fu demolito tra il 1892 e il 1895. Per quasi tre secoli il ghetto è stato il baricentro dell’ebraismo fiorentino. In quanto proprietà privata della dinastia, esso costituisce un unicum assoluto in termini politici e amministrativi, come nel complesso intreccio della storia ebraica italiana.
La mostra, articolata in cinque sezioni, attinge allo straordinario patrimonio culturale fiorentino e ad importanti prestiti internazionali e svela una pagina significativa e dimenticata della strategia politica dei Medici, in un contesto plurisecolare di conflitti, diplomazia e scambi culturali.
Il percorso si apre nella Firenze di Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico, con manoscritti miniati di commissione ebraica e medicea, frutto dell’interazione tra scribi ebrei e artisti cristiani del primo Rinascimento toscano, con prestiti dal Jewish Theological Seminary di New York e da svariate biblioteche italiane.
Il percorso affianca figure mitiche a personaggi reali, rivelando tasselli poco noti della storia dell’ebraismo fiorentino, come l’attività dell’esploratore Moisè Vita Cafsuto o quella del pittore ebreo Jona Ostiglio, di cui verrà esposta per la prima volta in tempi moderni una selezione dei sette dipinti a lui recentemente attribuiti, tutte opere commissionate dalla corte medicea, insieme all’autoritratto di Isaia o David Tedesco, autore poco noto ma del quale si ipotizza sia stato un allievo dell’Ostiglio, in quella che fu una delle prima botteghe d’arte all’interno di un ghetto italiano.
Luogo di segregazione, ma anche fulcro di un importante microcosmo umano, culturale e spirituale, il Ghetto di Firenze è ricostruito anche attraverso un modello tridimensionale, frutto di un decennio di ricerche condotte dallo Eugene Grant Jewish History Program del The Medici Archive Project.
Commenta il Ministro della Cultura Sangiuliano che, in un momento drammatico come l’attuale, la storia del Ghetto dimostra come sia possibile la pacifica convivenza.
“In un momento storico che vede nuove ondate di antisemitismo cinico e odio razziale contro gli ebrei – per il direttore degli Uffizi Eike Schmidt – è particolarmente importante rendere il grande pubblico partecipe delle sofferenze degli ebrei nella nostra città durante i tre secoli di esistenza del ghetto. Ma è ancor più fondamentale rendere noto il contributo ebraico alla cultura fiorentina e italiana, nonostante tutte le difficoltà”.
“Questa mostra è un affaccio importante sulla condizione di segregazione che ha caratterizzato tre secoli dell’Italia ebraica, ed evidenzia quanto la cultura sia osmotica e attraversi anche le separazioni; al contempo lascia il punto interrogativo su quanto avremmo tutti potuto sviluppare nella massima libertà e riconoscimento della presenza ebraica a Firenze, così come altrove. Domanda alla quale oggi abbiamo le risposte della presente intensa collaborazione e fruttuosa condivisione di saperi, arti e valori che continueremo assieme a difendere”, afferma la presidente delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni.