Israele-Hamas: tregua in bilico dopo l’attacco a Gerusalemme. Ma il cessate il fuoco durerà altre 24 ore
TEL AVIV – E’ in bilico la tregua. L’attacco di Hamas a Gerusalemme, con tre morti e tanto di rivendicazione da Gaza, complica la situazione. Come lo stillicidio di liberazioni, sempre più a piccoli gruppi e diluite nell’arco della giornata, che amplia ogni ora che passa l’ansia delle famiglie in attesa dell’unica buona notizia.
La proroga di altre 24 ore del cessate il fuoco è arrivata quasi allo scadere e solo dopo che Israele ha visionato e accettato la lista di altri 10 nomi di ostaggi da liberare in cambio del rilascio di 30 detenuti palestinesi dalle carceri israeliane. Hamas dal canto suo ha offerto anche la consegna di tre corpi senza vita, quelli della famiglia Bibas: la mamma Shiri e i suoi bimbi Kfir di 10 mesi e Ariel di 4 anni, che i terroristi danno per morti sotto un raid israeliano.
In serata la fazione islamica ha diffuso un video scioccante in cui il papà Yarden disperato accusa Netanyahu di aver bombardato la sua famiglia, “tutto quello che avevo nella vita”, e lo implora a riportarne almeno i resti a casa affinché siano sepolti in Israele.
Ma sul tentativo di raggiungere un nuovo un accordo in extremis per prolungare la tregua di almeno altri due giorni – come auspicano Qatar ed Egitto impegnati nelle trattative, e su cui preme anche il segretario di Stato americano Antony Blinken in visita in Israele – è piombato il nuovo attentato di Hamas a Gerusalemme, il più grave dal massacro del 7 ottobre.
Due assalitori armati sono scesi da un’auto a una fermata del bus alle porte della città e hanno aperto il fuoco sulle persone in attesa, uccidendo tre civili: le vittime sono il rabbino Elimelech Wasserman, 73 anni, decano del tribunale rabbinico di Ashdod, Hanna Ifergan, di 67, preside di una scuola femminile, e una giovane insegnante, Livia Dickman, 24 anni, incinta.
Altre 13 persone sono rimaste ferite, due in gravi condizioni. I due uomini sono poi risaliti in macchina nel tentativo di fuggire, ma sono stati uccisi sul posto dai militari e da un civile armato. Hamas ha rivendicato l’azione, invocando “un’escalation della resistenza” contro Israele e giustificandola come “una risposta naturale ai crimini senza precedenti dell’occupante nella Striscia di Gaza e contro i bambini a Jenin”, in riferimento all’uccisione ieri in Cisgiordania di due piccoli palestinesi di 8 e 15 anni da parte dell’esercito israeliano.
Un altro attacco è stato compiuto a Beqaot, nella valle del Giordano, dove un’auto si è lanciato contro due militari israeliani, rimasti feriti. Il conducente palestinese è stato “neutralizzato”, ha fatto sapere il portavoce dell’Idf. Secondo i media palestinesi, l’uomo, identificato come Karem Bani Odeh, residente nella vicina località di Tubas, in Cisgiordania, è morto.
I due attacchi hanno dato l’occasione al premier israeliano Benyamin Netanyahu per ribadire che la guerra continuerà fino alla distruzione del nemico: “Questo è lo stesso Hamas che ha compiuto il terribile massacro del 7 ottobre e lo stesso Hamas che cerca di ucciderci ovunque. Noi continueremo questa guerra fino a quando raggiungeremo i nostri scopi”.
“Basta fare accordi con il diavolo, dobbiamo tornare alla forza”, ha tuonato anche il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, che ha definito gli attentati una violazione della tregua. “Con una mano Hamas firma il cessate il fuoco, con l’altra manda i terroristi a uccidere gli ebrei a Gerusalemme”, ha aggiunto l’esponente dell’ultradestra israeliana, che ha tentato di ostacolare l’accordo per la tregua e lo scambio di prigionieri sin dall’inizio.
Intanto, Mia Shem e Amit Sosna, liberate nel pomeriggio, hanno già potuto riabbracciare le loro famiglie in Israele. Mia, la franco-israeliana di 21 anni, era apparsa ferita nel primo video di un ostaggio di Hamas nei primi momenti di guerra. Il presidente Emmanuel Macron ha accolto “con gioia” la sua liberazione ribadendo l’impegno di Parigi per la liberazione di tutti gli ostaggi.
Le autorità israeliane hanno reso noto che il 27enne Ofir Sarfati, rapito al rave di Reim e portato dai terroristi a Gaza già gravemente ferito, è morto in prigionia. Anche la famiglia di Aviv Atzili, il marito della donna israelo-americana Liat Beinin Atzili, rilasciata mercoledì dopo 54 giorni di prigionia, è stata informata che l’uomo, che si riteneva fosse tra gli ostaggi, è invece stato ucciso nell’attacco nell’attacco del 7 ottobre nel kibbutz di Nir Oz.