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Navalny, il Times rivela: “Ucciso con un pugno al cuore, con la tecnica del Kgb”. L’accusa di Osechkin

Navalny Oppositore Russia
Alexei Navalny, oppositore del governo russo, morto in Siberia

LONDRA – L’accusa, molto circonstaziata, è di Vladimir Osechkin, fondatore del gruppo per i diritti umani Gulagu.net. Il quale, al Times, rivela: “Alexei Navalny è stato ucciso con un pugno al cuore, una tecnica degli agenti delle forze speciali dell’ex Kgb, dopo essere stato esposto a condizioni di congelamento per diverse ore”.

Secondo Osechkin, che ha citato una fonte che lavora nella colonia penale artica dove Navalny è morto venerdì, i lividi trovati sul corpo dell’oppositore sono compatibili con la tecnica del “pugno unico”. Prima della sua morte, Navalny, 47 anni, era stato costretto a trascorrere più di due ore e mezza in uno spazio di isolamento all’aperto dove la temperatura poteva scendere fino a -27 gradi, ha detto Osechkin. Di norma i detenuti non vengono tenuti all’aperto per più di un’ora.

Un tribunale dell’estremo nord russo esaminerà il mese prossimo una denuncia presentata dalla madre di Navalny, alla quale viene impedito di vedere il corpo del figlio: lo hanno reso noto i suoi collaboratori. Lyudmila Navalnaya si è recata nella remota prigione IK-3 dove suo figlio è morto, ma da sabato, quando è arrivata, le è stato impedito di vedere la salma.

Secondo l’agenzia di stampa Tass, la corte ha ricevuto una denuncia per “atti illegali” e l’udienza si svolgerà a porte chiuse. Il tribunale della città artica di Salekhard esaminerà il caso il 4 marzo, riferiscono i collaboratori.

Il responsabile della fondazione anti-corruzione di Navalny, Ivan Zhdanov, aveva fatto sapere ieri che Lyudmila Navalnaya aveva presentato la denuncia accusando il Comitato investigativo russo di inazione nel consegnare la salma del dissidente. Navalny era il principale avversario politico di Putin ed è morto il 16 febbraio in un carcere nell’Artico dove era rinchiuso per motivi politici e dopo aver denunciato per tre anni di essere vittima di gravi soprusi dietro le sbarre.

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