Caso Amara: Davigo condannato in Appello. Il legale: “Ricorso in cassazione”. Il commento di Renzi
BRESCIA – E’ stata confermata, dalla Corte d’Appello di Brescia, la condanna a 1 anno e 3 mesi e 20mila euro di risarcimento per l’ex magistrato Piercamillo Davigo. La vicenda si riferisce ai verbali di Piero Amara, relativi alla Loggia Ungheria.
L’ex pm di Mani Pulite era imputato per aver divulgato a Roma ad una dozzina di persone le “notizie riservate” contenute nei verbali dell’ex legale esterno di Eni, Piero Amara, a lui consegnati dal pm milanese su una pen-drive in formato word con “modalità quasi ‘carbonare'”, come si legge nella sentenza di primo grado confermata. “Smarrimento di postura istituzionale” scrissero l’anno scorso i giudici. Davigo avrebbe allargato “la platea dei destinatari della rivelazione”.
Lo riferisce uno dei legali dell’ex membro del Csm, avvocato Davide Steccanella, che aveva chiesto l’assoluzione di Davigo. I giudici si sono presi 90 giorni per il deposito delle motivazioni. I legali di Davigo presenteranno ricorso alla Corte di Cassazione.
La pubblica accusa nella scorsa udienza aveva chiesto la condanna dell’ex magistrato per aver ricevuto dalle mani del pm milanese Paolo Storari – assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato – i verbali segreti di Piero Amara in cui l’ex avvocato esterno di Eni svelava l’esistenza della presunta associazione massonica. Dichiarazioni rese da Amara in più interrogatori, tra il 6 dicembre del 2019 e l’11 gennaio 2020, nell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’, di cui Storari era uno dei magistrati titolari. La consegna degli atti secretati avviene nell’aprile del 2020, in pieno lockdown: Storari va a casa di Davigo con l’obiettivo di denunciare la presunta inerzia a indagare da parte dei vertici – in particolare dall’allora procuratore di Milano Francesco Greco e dall’aggiunto Laura Pedio – sull’ipotetica loggia Ungheria di cui avrebbero fatto parte personaggi delle istituzioni e delle forze armate, oltre che di due componenti del Csm in carica in quel momento.
Un presunto immobilismo (con potenziali effetti anche sul processo Eni-Nigeria) che Davigo – ritenendo a lui non opponibile il segreto – tenta di ‘rompere’ per ”riportare sui binari della legalità” il procedimento (non ancora iscritto dalla procura di Milano, ndr) parlandone a diversi consiglieri al Csm e all’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, con accenni talvolta sull’ex consigliere Sebastiano Ardita (parte civile difesa dall’avvocato Fabio Repici), nominato da Amara in quei verbali.
Per la pubblica accusa, Davigo va ”oltre” i suoi poteri e ”aumenta il pericolo di diffusione di un’indagine segreta”, le sue plurime rivelazioni trasformano atti riservati nel ”segreto di Pulcinella”.
Per la difesa, rappresentata dai legali Davide Steccanella e Francesco Borasi, ”Siamo nel paradosso che, se fosse valida l’impostazione accusatoria, Davigo ha violato (il segreto d’ufficio, ndr) non per nuocere a un’indagine, ma per farla partire”.
Matteo Renzi, leader di Italia Viva, su X ha commentato la sentenza della Corte d’Appello di Brescia: “Per anni Pier Camillo Davigo ci ha fatto la morale – attaccando me personalmente, più volte – da numerosi studi televisivi. Oggi Davigo è condannato anche in Appello per rivelazione di segreto d’ufficio. Io non sono come lui, io sono garantista. E dunque gli auguro di ribaltare il verdetto in Cassazione. Ma il tempo è sempre piu galantuomo: emerge lo scandalo dossier, i commentatori moralisti che ci attaccavano vengono condannati in appello, la Cassazione e la Corte Costituzionale ci danno ragione. Spero che sia più chiaro adesso che cosa ci hanno fatto subire in questi anni. E spero che sia più chiaro perché dalla Leopolda ripartiremo con ancora più forza”.