Skip to main content

Cinema: Cannes a cavallo con Kevin Costner, alla riscoperta della frontiera americana. Sulle tracce di John Ford

Kevin Costner in Horizon

CANNES – Kevin Costner torna a cavallo, nel suo ruolo iconico da Balla coi lupi, per una serie tv che Cannes ospita. E che farà parlare molto. Kevin lavora da oltre 20 anni a questo nuovo, grande lavoro ispirato alla frontiera americana. Ha seguito gli insegnamenti di un grande maestro, John Ford. Ci ha messo anche soldi suoi per riportare sullo schermo, alla grande, pellerossa, cow boy e giacche azzurre dell’esercito dei tempi del generale Custer.

Con Horizon: An American Saga, Kevin Costner ha voluto rendere omaggio al suo amato western cercando di riassumerne l’essenza in un kolossal dalla durata mastodontica che spaventerebbe qualunque casa di produzione: il risultato, però, sembrerebbe dar ragione al regista e attore, almeno a giudicare da quanto sta accadendo a Cannes.

Nelle ore successive all’arrivo della star di Yellowstone sulla Croisette, il regista di quello che ha tutte le carte in regola per rivelarsi uno degli eventi cinematografici dell’anno si è infatti goduto un’accoglienza trionfale. Dopo aver assistito alle tre ore della prima parte di Horizon: An American Saga, infatti, i presenti in sala hanno tributato all’ultima, colossale fatica di Costner un’ovazione durata la bellezza di 11 minuti e 40 secondi.

Ma andiamo avanti. Demi Moore in salsa splatter in The Substance rispolvera il mito di Dorian Grey, mentre Noemie Merlant va nella tendenza di attrici e registe con Le balconettes, regola i conti con il patriarcato, in un film tra dramma e commedia.

E’ il sesto giorno del festival, il tempo è bello, i party in quantità ma sulla spiaggia l’allarme terrorismo riporta alla realtà: una parte del lido, quella libera dove la sera c’è gratis per tutti il cinema de la plage, viene evacuata e decine di militari armati con mitra piantonano mentre sull’arenile si cerca qualcosa di sospetto. La foto non è completa: manca la seconda parte della spiaggia, dove si continua come niente fosse a giocare a beach volley. In questa quotidianità cui siamo abituati arriva dalla sala del Grand Theatre Lumiere la voce del regista dissidente russo Kirill Serebrennikov, da anni costretto a vivere fuori del suo paese.

“Purtroppo il cinema non può fermare le guerre – ha detto mentre la sala tributava al suo Limonov nove minuti di applausi – è stato un viaggio molto lungo e finalmente siamo qui. Spero che ognuno di noi, che l’arte e che il cinema in particolare possano aiutare le persone a capire e a fermare la violenza che travolge il mondo oggi. Probabilmente sono un romantico ma io ci credo ancora”.

Sul red carpet di stasera ci sono Isabelle Huppert, Oliver Stone (per il docu su Lula), Julianne Moore. Kevin Costner per Horizon ha ipotecato la sua casa, del resto Francis Ford Coppola ha venduto per Megalopolis l’amato vigneto. 69 anni, si sente un “outsider” di Hollywood, insegue il progetto da decenni, ne ha scritto la sceneggiatura nel 1988 ma gli studios la rifiutarono. Costner non si è dato per vinto, ha messo i suoi soldi ed è andato avanti. Interpretata anche da Sienna Miller e Sam Worthington, Horizon: An American Saga segue varie trame sulla violenta frontiera in cui gli europei stabiliscono insediamenti sulla terra dei nativi americani, un tema a lui decisamente caro e che ha esplorato con successo da Oscar nel 1994.

La determinazione non manca a Serebrennikov che dice che oggi in Russia “basta pochissimo per finire con accuse improbabili in prigione. Due colleghe, Evguénia Berkovitch e Svetlana Petriïtchouk, sono in progione come terroriste solo per la messa in scena di una piece teatrale persino vincitrice di un premio importante”. Parla di “cinismo, perfidia e anche di impotenza” rispetto all’impunità dei poteri forti nel suo paese. “La situazione sta peggiorando di giorno in giorno, gli oppositori al regime repressi e il mondo intero non riesce a fermare”, ha detto all’ANSA.

“Resto convinto di una rivoluzione, quella dell’arte e della creatività”. Ben Whishaw (RPT. BEN WHISHAW) ha impersonificato Limonov “senza giudicare ma cercando di capire il suo pensiero”. La base, oltre ai documentari sul vero poeta, è stato il libro di Carrere. Limonov era “un anti tutto, anti capitalista, anti eroe” che, conclude Serebrennikov che sta preparando un film dal romanzo di Olivier Guez La scomparsa di Josef Mengele (Neri Pozza), con molte contraddizioni: “auspicava il ritorno della Grande Russia e purtroppo è quello che accade”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741