Pro Palestina: contestato Carrai durante il bilancio della Fondazione Meyer
FIRENZE – Manifestanti filo palestinesi hanno protestato contro l’imprenditore Marco Carrai, console onorario di Israele per la Toscana, l’Emilia Romagna e la Lombardia, durante la presentazione del bilancio sociale 2023 della Fondazione Meyer di Firenze, di cui lo stesso Carrai è presidente.
La contestazione è iniziata poco dopo l’inizio della relazione del segretario generale Alessandro Benedetti che aveva da poco annunciato l’assenza “per motivi di salute” proprio di Carrai.
Gli attivisti hanno chiesto le dimissioni di Carrai “in quanto rappresentante politico dello Stato di Israele; uno Stato che commette crimini di guerra ed è responsabile della morte di 15mila bambini, di medici, del bombardamento di ospedali”, e hanno aggiunto che porteranno avanti la loro battaglia “finché non si dimetterà dalla presidenza della fondazione.
Nei giorni scorsi sui muri della sede della Fondazione Meyer erano apparse frasi contro Carrai.Sull’episodio è intervenuto Emanuele Cocollini, presidente dell’Associazione Italia-Israele diFirenze. “La protesta che hanno messa in atto stamattina alcuni manifestanti filo palestinesi durante la riunione della Fondazione Meyer – ha detto Cocollini – è di una gravità inaudita. Ci rifiutiamo di accettare che chi è legato ad Israele non possa vivere e lavorare serenamente nella nostra città. Da mesi viene alimentato un clima di odio nei confronti di studenti, professionisti, accademici e comuni cittadini che hanno la sola colpa di essere ebrei o filo-israeliani. Tutto questo ha una chiara matrice antisemita che ci riporta indietro ai peggiori anni della storia del paese”.
“Gli iscritti alla nostra associazione – ha proseguito – ci rendono ogni giorno partecipi dei loro disagi e timori di fronte a tutto questo. Esprimiamo nuovamente la nostra solidarietà e il nostro sostegno a Marco Carrai, che ha sempre dimostrato di essere aperto al dialogo e che non merita di subire questa gogna senza fine. Chiediamo, infine, alle istituzioni – conclude Cocollini – di intervenire con forza perché non possiamo tollerare forme di violenza costante”.