Francia: destra oltre il 33%, ma 169 candidati si sono già ritirati in funzione anti Le Pen. Che avanza ma non sfonda

Marine Le Pen (Foto d’archivio)

Avanza ma non sfonda, la destra di Marine Le Pen, al primo turno, in Francia: il Rassemblement National ha infatti ottenuto il 29,2 dei voti al primo turno delle legislative. Insieme con la lista ‘Les amis de Ciotti’, gli alleati Républicains usciti dal partito con il loro presidente, il blocco di ultradestra ha raggiunto il 33,15%, secondo i dati del ministero dell’Interno.

Al centro, i macroniani di Ensemble! hanno raggiunto – insieme al piccolo movimento di Edouard Philippe, ‘Horizons’ – il 20,04%.

A sinistra, i voti delle componenti del Nuovo Fronte Popolare (La France Insoumise, Partito socialista, Partito comunista, Ecologisti) non sono scorporati in quanto sulla scheda c’era soltanto il simbolo della coalizione con la sigla Nfp.

Macron chiama allo sbarramento contro la destra al ballottaggio. E sono già 169 i candidati che sono passati al secondo turno delle elezioni legislative in Francia e che si sono ritirati per fare ‘barrage’ contro i candidati del Rassemblement National.

Lo riporta Le Monde. Secondo il conteggio del giornale, alle 17 risultano ritirati 169 candidati: 122 sono della sinistra del Nuovo Fronte popolare, 46 del blocco macronista e uno dei Repubblicani. La scadenza per decidere il ritiro della candidatura e’ prevista per domani alle ore 18.

L’Unione Europea reagisce con l’usuale understatement, ufficialmente, al risultato del primo turno delle elezioni legislative in Francia che, se attestano che il Rassemblement National è ampiamente il primo partito del Paese, confermano anche che l’estrema destra è lontana dalla maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale, il Parlamento francese.

”Non commentiamo mai i risultati delle elezioni negli Stati membri”, si è limitato a dire il portavoce della Commissione Europea Eric Mamer. Occorre aspettare la sera del 7 luglio, ma se con le desistenze la ‘tagliola’ del doppio turno farà il suo lavoro, appare poco probabile, allo stato, che Jordan Bardella, il giovane figlio di immigrati italiani scelto da Marine Le Pen come ‘delfino’, possa arrivare a conquistare il governo del secondo Paese dell’Ue.

Le buone notizie per l’Europa, tuttavia, finiscono qui. Il presidente Emmanuel Macron, uno dei politici centrali dell’establishment Ue, esce indebolito dal voto da lui voluto all’indomani delle europee, anche se resta all’Eliseo (il suo secondo mandato termina nel 2027). Il voto ha confermato la larga impopolarità in FRANCIA delle politiche centriste, allineate con il ‘consensus’ Ue. Un dato, questo, che era emerso con chiarezza già all’epoca della ‘jacquerie’ dei Gilets Jaunes. Il resto dell’arco politico francese, a sinistra del Rassemblement National, è profondamente diviso, tanto da rendere difficile, allo stato, immaginare un governo di centro-sinistra.

L’Ue, comunque, prosegue spedita con la nomina delle cariche apicali e del programma della maggioranza, ma le reazioni del ‘consensus’ bruxellese al voto in Francia divergono. C’è chi, come l’eurodeputato di Renew Europe Sandro Gozi, eletto Oltralpe, osserva che è comunque ”una buona notizia” per l’Ue che all’Assemblea Nazionale esista una ”maggioranza” di forze pro-europee, fatta eccezione per ”alcuni” esponenti della France Insoumise di Jean-Luc Mélénchon.

C’è chi invece, come l’economista tedesco Daniel Gros, direttore del think tank bruxellese Ceps, osserva che la probabile instabilità politica che deriverà dalle elezioni non è una buona notizia per l’Unione, se non altro perché la Francia, che è un grande Paese dell’Ue, tenderà a non decidere e soprattutto a non agire sul fronte dei conti pubblici, perché comporterebbe dei costi politici. E’ un tema, quello delle finanze pubbliche, che preoccupa molto, tradizionalmente, la Germania.

Parigi finirà sotto procedura per deficit eccessivo, come l’Italia e altri Paesi, e ha un debito pubblico pari ad oltre il 110% del Pil, destinato a salire quest’anno al 112,4% e l’anno venturo al 113,8%, secondo le stime della Commissione. In assenza di azioni volte a raddrizzare i conti, il debito francese è destinato a salire, cosa che potrebbe preoccupare i mercati finanziari, e avere ripercussioni anche sui rendimenti dei titoli di Stato di altri Paesi, come l’Italia. Come trattare, in Europa, l’ascesa dell’estrema destra è da tempo oggetto di discussione: continuare con la conventio ad excludendum, oppure cercare di sfruttare le divisioni tra i diversi nazionalismi per cooptarne una parte?

La dirigenza del Ppe sembra aver scelto questa seconda strada, tracciando tre linee rosse (dialoga con chi è pro Ue, pro Ucraina e pro Stato di diritto), che sia Manfred Weber che Ursula von der Leyen hanno indicato chiaramente. Il Rassemblement National di Marine Le Pen non rispetta queste ‘linee rosse’, dato che in passato ha ricevuto finanziamenti bancari dalla Russia, anche se Jordan Bardella, come ricorda Gros, sull’Ucraina ha detto recentemente che, se andrà al governo, la sua Francia non permetterà alla Russia di ”assorbire” il Paese vicino. Per chi aspira a governare un Paese membro della Nato (nonché l’unica potenza nucleare dell’Ue) sarebbe difficile dire il contrario.

Le posizioni filorusse dell’Rn sono state per anni un grosso ostacolo al progetto di unire le destre europee in un unico gruppo, dato che il Pis polacco, forza di assoluto rilievo del campo nazionalista, è ferocemente antirusso, per ragioni storiche. Von der Leyen ha citato espressamente Le Pen tra le forze con cui non intende parlare, diversamente da Giorgia Meloni, che ha schierato Fratelli d’Italia a sostegno dell’Ucraina.



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