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Venezia: arrestato l’assessore Boraso. Indagato il sindaco Brugnaro. Che dice: “Sono esterrefatto!”

Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro (Foto d’archivio)

VENEZIA – Renato Boraso, assessore alla mobilità del comune di Venezia, è stato arrestato con le accuse di corruzione, riciclaggio e falsa fatturazione nell’ambito di un’indagine nata nel 2021, sulla scorta di un esposto relativo all’uso di alcuni terreni della periferia di Venezia. L’abitazione di Boraso è stata inoltre sottoposta a perquisizione. Nell’inchiesta sono coinvolte 18 persone, a vario titolo, e le misure cautelari eseguite sono una decina.

Indagato anche il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, insieme al capo di Gabinetto del sindaco e direttore generale del Comune, Morris Ceron, il vicecapo di Gabinetto, Derek Donadini. La vicenda che coinvolge Brugnaro riguarderebbe le trattative di vendita all’imprenditore Chiat Kwong Ching, di Singapore, dell’area dei “Pili” che si affaccia sulla laguna di Venezia. Gli accertamenti riguardano il blind trust che gestisce il patrimonio di Brugnaro.

PALAZZO SVENDUTO – Brugnaro, Ceron e Donadini “concordavano con Ching (imprenditore della società che puntava a rilevare l’area dei ‘Pili’ – ndr) il versamento di un prezzo di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’ente comunale, il raddoppio dell’indice di edificabilità sui terreni in questione e l’adozione di tutte le varianti urbanistiche che si sarebbero rese necessarie per l’approvazione del progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della volumetria di 348.000 mq che sarebbe stato approntato e presentato do una società di Ching”. È quanto si legge in un passaggio del decreto di perquisizione a Derek Donadini, vice capo di gabinetto del sindaco di Venezia.

Brugnaro, Ceron e Donadini, si legge nel decreto di perquisizione, “concordavano con Ching e Luis Lotti (rappresentante in Italia di Ching – ndr) la cessione dell’immobile comunale Palazzo Poerio Papadopoli al prezzo di oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni, attraverso l’esercizio dei loro poteri amministrativi volti alla riduzione del suo valore di stima e ciò al fine di facilitare le trattative con Ching e Lotti per la cessione del terreni di proprietà del Brugnaro, denominati ‘I Pili’. La riduzione del valore dell’immobile è avvenuta effettivamente, attraverso il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere da Brugnaro, da Ceron e Donadini, che agivano per conto del primo. In forza di tale riduzione di valore, l’immobile veniva provvisoriamente aggiudicato dalla commissione di gara, alla società Fortune Oxley srl di Ching al prezzo di 10 milioni e 800mila euro e quindi definitivamente aggiudicato stipulando infine il contratto di compravendita”.

BRUGNARO “ESTERREFATTO” – “Sono esterrefatto! In cuor mio ed in coscienza, so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l’incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici”, afferma in una nota il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, “a seguito – spiega – della ricezione di un avviso di garanzia”.

E nel merito dell’indagine aggiunge: “L’ipotesi che io abbia potuto agire sui Pili per portare vantaggi in termini di edificabilità e/o varianti urbanistiche è totalmente infondata. Com’è noto, ed ho spiegato pubblicamente, quella è un’area già edificabile da prima della mia amministrazione”.

Sempre riferito alla vicenda dell’area dei Pili, Brugnaro sottolinea: “Mai ho pensato, né messo in atto, alcuna azione amministrativa per un cambiamento delle cubature”. “Stessa cosa – conclude – riguardo la vendita di Palazzo Papadopoli che mi risulta alienato secondo una procedura trasparente dal punto di vista amministrativo. Ovviamente, sono e resto a disposizione della magistratura per chiarire tutte queste questioni”.

INTERCETTAZIONE – “Tu non mi ascolti, tu non capisce un c… mi stanno domandando che tu domandi soldi, tu non ti rendi conto, rischi troppo… Se io ti dico di stare attento, ti devi controllare”. Così il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, si rivolge al suo assessore Renato Boraso, in una intercettazione telefonica del 17 marzo del 2023 citata nell’ordinanza del gip e definita dal giudice di “fondamentale importanza poichè il sindaco fa presente a Boraso che lui chiede i soldi alle persone”.

PROCURATORE – Secondo quanto riferito dal procuratore capo Bruno Cherchi, dopo la segnalazione le indagini sono scattate nel 2022, mentre l’attività delittuosa sarebbe proseguita fino ad oggi, nonostante Boraso fosse venuto a conoscenza degli accertamenti in corso.

“Abbiamo iniziato con le intercettazioni – ha detto Cherchi – per poi passare ai riscontri documentali grazie all’attività della Guardia di finanza, alla quale è stata affidata l’indagine. Stamane con ordinanza del Gip abbiamo dato il via alle misure cautelari e alle perquisizioni in abitazioni ed uffici perché eravamo a conoscenza, attraverso le intercettazioni, che Boraso stava distruggendo i documenti”.

Il capo della Procura lagunare ha poi specificato che Boraso “si era messo a disposizione, da assessore ma con le sue svariate società, per attività che nulla avevano a che fare con la pubblica amministrazione, facendosi pagare con fatture per prestazioni inesistenti in modo ripetuto; interveniva su appalti e servizi e modificando piani comunali a favore di diversi imprenditori, che poi lo pagavano”.

GIP – L’assessore Boraso “ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati” degli imprenditori indagati. Lo scrive il Gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, nell’ordinanza di custodia cautelare relativa all’inchiesta sulla corruzione nell’amministrazione comunale lagunare. Una condotta, rileva il Gip, che risulta ininterrotta negli ultimi quattro anni, indifferente a controlli e ostacoli, caratterizzata da “pericolosità sociale eccezionalmente elevata” e “intenso pericolo di reiterazione”. Un “sistema criminoso”, con pressioni sugli uffici comunali “ridotti al servizio del privato”. Si parla anche di “inquinamento delle prove con la eliminazione di documentazione anche con la collaborazione delle propria segreteria privata”.

AREA PILI – L’area dei Pili, all’imbocco del ponte translagunare Mestre-Venezia, è una zona di laguna fortemente inquinata dalle lavorazioni di Marghera che fu acquistata da Brugnaro (all’epoca non ancora in politica) nel 2006, per circa 5 milioni di euro. Fu il solo partecipante all’asta del Demanio. Successivamente però, con Brugnaro già sindaco, la zona dei Pili è tornata al centro dell’attenzione perché individuata nel nuovo Piano comunale urbano di Mobilità Sostenibile come potenziale insediamento di un terminal intermodale e del nuovo palazzetto dello sport. Progetti che ne hanno aumentato esponenzialmente il valore.

La società è ora controllata da ‘Porta di Venezia’, che fa sempre capo a Brugnaro, ma che, assieme a tutte le altre aziende e partecipazioni del sindaco (dalla Umana, alla Reyer), è in mano dal 2017 ad un blind trust di diritto newyorkese cui l’imprenditore ha trasferito il patrimonio, una volta eletto a Ca’ Farsetti. Proprio sui meccanismi del blind trust starebbe indagando adesso la Guardia di Finanza. E’ questo, inoltre, il capitolo sul quale in questi anni hanno insistito le opposizioni in Comune per accusare Brugnaro di un conflitto d’interessi, per il doppio ruolo di imprenditore e sindaco. A questo filone ha dedicato recentemente una puntata anche la trasmissione di Rai3 ‘Report’, parlando di una trattativa, poi sfumata, di Brugnaro con l’imprenditore Chiat Kwong Ching, di Singapore, per la vendita dei ‘Pili’.

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