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La Lega: “Basta sindaca e avvocata. Multa fino a 5mila euro”. Ma Sara Funaro ha già cambiato la targhetta

Sara Funaro Foto Palinko/Firenze Post

Se la proposta di legge della Lega dovesse passare, la prima a trovarsi in difficoltà sarebbe Sara Funaro, nuovo sindaco, o sindaca come ha fatto scrivere nelle targhe Palazzo Vecchio.

La Lega infatti vuole vietare negli atti pubblici “il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge”.

Il testo, a firma del senatore leghista, Manfredi Potenti, è ancora una bozza ma è già chiarissima nelle premesse: “La presente legge intende preservare l’integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici, come ‘Sindaco’, ‘Prefetto’, ‘Questore’, ‘Avvocato’ dai tentativi ‘simbolici’ di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo”. Insorgono le opposizioni.

“È senza confini la misoginia leghista. Ed anche ridicola, espressione di una sotto cultura priva di pensiero e di attenzione perfino a quanto raccomandato dall’ Accademia della Crusca”, commenta la capogruppo di AVS alla Camera Luana Zanella. Per la collega di partito, Aurora Floridia, questa iniziativa “rappresenta un grave passo indietro nella lunga e faticosa lotta per la parità di genere”.

Ma anche dal Pd le reazioni non tardano ad arrivare: “Secondo la Lega in nome della lingua italiana dovremmo sanzionare chi l’italiano lo parla correttamente. I trogloditi che per rimuovere il rispetto del genere femminile farebbero di tutto leggano la Treccani”, interviene la dem Michela Di Biase.

E la senatrice Cristina Tajani, per sostanziare i suoi argomenti, rispolvera una preghiera: “…Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi” … chissà se il Senatore Potenti, che propone di proibire l’uso del femminile professionale, vorrà multare anche i fedeli che recitano il Salve Regina”.

Il leghista Potenti, da parte sua, spiega che “occorre scongiurare che la legittima battaglia per la parità di genere, al fine di conseguire visibilità e consenso nella società ricorra a questi eccessi non rispettosi delle istituzioni” E, per questo, ritiene “necessario un intervento normativo che implichi un contenimento della creatività nell’uso della lingua italiana nei documenti delle istituzioni”.

Nell’articolo 3 della pdl, sull’uso della lingua italiana negli atti pubblici, è messo nero su bianco il “divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovraesteso o a qualsiasi sperimentazione linguistica. E’ ammesso l’uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista”.

Obiettivo – come recita l’articolo 1 – è “preservare la pubblica amministrazione dalle deformazioni letterali derivanti dalle necessità di affermare la parità di genere nei testi pubblici”. Previste per gli inadempienti anche multe non da poco: l’articolo 5 del testo spiega che “la violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro”.


Gilda Giusti

Redazione Firenze Post

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