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Debito pubblico italiano: sfiora i 3mila miliardi (colpa del superbonus). Ma bene le entrate degli ultimi 6 mesi

Debito pubblico cresce

Se ci pensiamo viene il mal di testa: su ogni italiano, bambini compresi, pesa un debito di 50mila euro. Perchè il “rosso” nazionale sfiora ormai i 3.000 miliardi di euro. Uno strascico degli effetti, pesantissimi, del superbonus. Ma più che un impatto diretto sulla manovra, con il raggiungimento degli obiettivi concordati con Bruxelles che non appare fuori portata e i dati Bankitalia che danno conto anche di un buon andamento delle entrate, il passivo delle pubbliche amministrazioni lascia effetti di lungo termine, con un’Italia destinata a restare a lungo vulnerabile agli shock esterni e agli umori dei mercati. Ma il governo assicura che, in ogni caso, non metterà nuove tasse.

DATI BANKITALIA – L’aumento di 30,3 miliardi del debito a giugno a 2.948,5
miliardi (dati Bankitalia) avvicina quella che l’economista
Carlo Cottarelli definisce “una soglia psicologica importante”.
Il Def colloca al 2025 il superamento di quota 3.000 miliardi.
Conta di più, secondo Cottarelli, l’andamento del debito/Pil,
ora “sul 137-138%” e destinato al 140% in un paio d’anni con
l’effetto ritardato del superbonus.
Da lì “occorrerà avviare una discesa” di circa 1,25 punti di
Pil l’anno che comunque fra 12-13 anni vedrà l’Italia ancora al
130%, “rimanendo esposti al rischio di uno shock che farebbe
perdere la fiducia dei mercati nella possibilità per lo Stato di
ripagare il debito” dovendo così “ricorrere al sostegno esterno”
come la Bce. Per invertire il trend, servono riforme per la
crescita e riprendere in mano “una seria spending review” che
non si vede da oltre un decennio, dice l’ex commissario
straordinario ai tagli di spesa. Quanto alla manovra, però,
secondo Cottarelli il governo dovrebbe “riuscire a stare dentro”
lo 0,5% di calo del disavanzo strutturale concordato con
Bruxelles.

RISORSE DA TROVARE – Le risorse da trovare sono stimate in 24 miliardi con i 18
necessari solo per confermare alcuni degli interventi finanziati
solo per quest’anno, la conferma dell’Irpef e le altre spese
solitamente inserite nelle politiche invariate, come il rinnovo
dei contratti della Pa. Oltre al buon andamento delle entrate,
saranno fondamentali i dati in arrivo in autunno sui versamenti
in autoliquidazione e altre scadenze prorogate come la quinta
rata della rottamazione a settembre e il concordato preventivo
ad ottobre. Poi c’è un obiettivo di due miliardi di risparmi sul
2025 da tagli di spesa, e i circa 4,3 miliardi per confermare la
riforma dell’Irpef a tre aliquote arriverebbero dal fondo
taglia-tasse alimentato dai risparmi dell’eliminazione dell’Ace
e dalla global minimum tax.

MAGGIORANZA – La maggioranza punta l’attenzione sui numeri di Bankitalia
relativi alle entrate tributarie, aumentate di 3,8 miliardi a
giugno (+9,9% su giugno 2023) a 42 miliardi. Nel primo semestre
il totale delle entrate a 248,8 miliardi, in aumento di 17,5 miliardi (7,5%), dimostra “che siamo sulla strada giusta”, scrive su X Fratelli d’Italia. Un “boom” delle entrate che
“demolisce la narrazione della sinistra: la cura Meloni sta
funzionando alla grande” rincara la dose il responsabile del
programma di FdI Francesco Filini.

PIATTO FORTE – Il portavoce nazionale di Forza Italia, Raffaele Nevi, si sofferma sul “patto forte”
contribuente-fisco che archivia strumenti come il redditometro,
il sottosegretario al Mit Tullio Ferrante rivendica “l’efficacia
delle ricette del governo, con buona pace dei sinistri profeti
di sventura”.

MANOVRA – Nelle pieghe della manovra che si va definendo, invece,
l’opposizione denuncia un trend: il governo “non sta facendo
nulla” contro la crescita “inarrestabile” del debito, dice il
responsabile economia del Pd Antonio Misiani. E la tenuta delle
entrate, e dell’intero quadro di finanza pubblica, è sempre più
sulle spalle delle “tasse in più pagate da dipendenti e
pensionati” mentre l’esecutivo “continua a condonare o
addirittura a legittimare l’evasione fiscale con strumenti come
il concordato preventivo biennale”.


Sandro Bennucci

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