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Cinema, mostra di Venezia: Leone d’oro per Almodovar. Argento all’Italia con “Vermiglio”

Pedro Almodovar (foto Ansa)

VENEZIA – The Room next door (La stanza accanto) di Pedro Almodovar (Spagna) ha vinto il Leone d’oro dell’81esima Mostra del Cinema di Venezia per il miglior film. La Giuria presieduta da Isabelle Huppert ha assegnato il massimo riconoscimento del Concorso al film che il regista spagnolo ha dedicato al tema dell’eutanasia. Un premio giusto, il migliore che ci si poteva aspettare alla fine dei giochi di questo festival, che ha in più il merito di dare alla Mostra il primato di far vincere un Maestro che a tutt’oggi non aveva mai vinto un grande festival con nessuno dei suoi numerosicapolavori.

Si conclude dunque nel migliore dei modi questa edizione della kermesse veneziana, segnalando un’opera che ha una potenza drammatica ed espressiva formidabile, capace di raccontare il tema del fine vita attraverso la storia di una donna che, malata terminale, chiede alla sua amica di accompagnarla nella scelta di porre fine alle proprie sofferenze. In scena ci sono Tilda Swinton e Julianne Moore, alle quali Almodóvar ha dedicato il Leone d’Oro, ma il film, girato in America e in inglese, si basa interamente sulla sempre straordinaria capacità del regista spagnolo di elaborare drammi profondamente umani e nutriti di una pienezza espressiva che dialoga con la storia del grande cinema.

Su tutto, naturalmente, c’è la questione sociale e politica dell’eutanasia, che ritirando il premio Almodóvar ha rimarcato con equilibrio e fermezza, chiedendo a chi per motivi religiosi ritiene che sia solo Dio a poter porre fine all’esistenza, di rispettare le scelte di chi nutre convinzioni differenti. E poi c’è la grande soddisfazione del cinema italiano, che conquista al Lido un meritatissimo Leone d’Argento Gran Premio della Giuria con “Vermiglio”, il film che Maura Delpero ha girato nel Trentino, rievocando lo scenario della seconda guerra mondiale nella neve della Val di Sole. Una storia di antica fierezza popolare, che vede la figlia del severo maestro del paese innamorarsi di un soldato siciliano che si nasconde in montagna. Interamente girata in dialetto, quest’opera è espressione di una tradizione regionale del nostro cinema che continua a dare frutti notevoli e conferma le qualità di una regista giovane e lucida nelle sue convinzioni artistiche e umane.

Il suo discorso di ringraziamento ha sottolineato con fierezza che opere come la sua possono esistere e ritirare premi che danno prestigio al cinema italiano perché sono sostenute da quegli incentivi statali che la nuova legge del cinema mette in discussione. Tema sul quale, del resto, si era soffermato con fermezza poco prima anche Nanni Moretti, quando sullo stesso palco aveva ritirato il premio della giuria di Venezia Classici per il restauro di “Ecce Bombo”. Altra soddisfazione per il cinema italiano indipendente è venuta dal Concorso Orizzoni, dove il Premio per la migliore interpretazione maschile è stato assegnato a Francesco Gheghi, protagonista del film di Francesco Costabile “Familia”, storia di un ragazzo calabrese che cresce all’ombra di un padre violento e si trova immerso nella violenza di un giro di amici neonazisti. Nessun premio, invece, per Luca Guadagnino, l’altro italiano di rango che pure batteva bandiera americana con il suo attesissimo “Queer”, interpretato da Daniel Craig e tratto da Willian Burroughs.

Per il resto, la giuria di Isabelle Huppert ha fatto un ottimo lavoro, orientandosi con precisione in una selezione eterogenea: il Leone d’Argento per la Regia è stato opportunamente attribuito all’americano Brady Corbet, che ha portato al Lido “The Brutalist”, progetto faraonico coltivato per dieci anni, girato in pellicola 70mm (anche in Toscana, nelle cave di Carrara) e lungo tre ore e mezza, in cui Adrien Brody interpreta un architetto ebreo che nel dopoguerra si rifà una vita in America lavorando per un magnate. Il Premio Speciale della Giuria è invece andato a “April” della regista georgiana Dea Kulumbegashvili, film austero e rarefatto che racconta la storia di una ostetrica di paese combattuta tra il suo lavoro e la necessità di aiutare di nascosto le donne del posto ad abortire. Quanto alle Coppe Volpi, quella per l’interpretazione maschile è andata a Vincent Lindon per “Jouer Avec le Feu” di Delphine e Mauriel Coulin, in cui l’attore interpreta un padre alle prese con il figlio finito nel giro dei neonazisti, mentre quella per l’interpretazione femminile è stata attribuita alla intensa prestazione di Nicole Kidman in “Babygirl” di Halina Reijn. L’attrice, che non ha potuto ritirare il premio a causa del lutto per la recente scomparsa della madre, interpreta il personaggio di una donna che intraprende una complessa relazione di sottomissione sessuale con un giovane stagista della ditta di cui è la potente AD.

Il Premio Marcello Mastroianni per l’attore emergente è invece stato assegnato al francese Paul Kircher per “Leurs Enfants Après Eux” di Ludovic e Zoran Boukherma, storia di adolescenze di provincianelle sacche più marginali della società. Il Premio per la sceneggiatura è infine stato attribuito a Murilo Hauser, Heitor Lorega per “Ainda Estou Aqui”, il film di Waler Salles che ricostruisce la scena della dittatura brasiliana e il dramma del desaparecidos. Questi i premi che concludono un’edizione della Mostra del Cinema caratterizzata da una grande vitalità per quanto riguarda la partecipazione delle star e l’attenzione mediatica.

Il Lido ha segnato un record di presenze tra pubblico e addetti ai lavori e il tono generale è stato caratterizzato da un entusiasmo al quale ha posto il sigillo questa sera Isabelel Hupper, esordendo sul palco con la notizia che “il cinema sta bene!”. In realtà, tra gli addetti ai lavori non sono mancate alcune perplessità sulla qualità complessiva della selezione, apparsa mediamente buona ma quasi mai eccellente.

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