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Pensioni: Corte dei Conti della Toscana ricorre alla Consulta. “Illegittimo il blocco della rivalutazione degli assegni alti”

Corte dei Conti
Corte dei Conti

La Corte dei conti della Toscana ha sollevato un’eccezione di costituzionalità sul blocco della rivalutazione anti-inflazione delle pensioni. Lo rende noto un ex dirigente scolastico fiorentino, Marco Panti, oggi in pensione, il cui ricorso ha portato alla decisione del giudice contabile di trasmettere gli atti alla Consulta per una questione di legittimità costituzionale dell’articolo della legge di ‘Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025’, con riferimento agli articoli 3, 23, 36 e 38 della Costituzione.

Panti ha presentato ricorso al fine di ottenere la perequazione integrale del trattamento pensionistico negli anni 2022, 2023, 2024, previa remissione degli atti del giudizio alla Corte costituzionale, in quanto essendo titolare di un trattamento pensionistico “pari a 5.708,11 lordi mensili, quindi superiore a dieci volte il minimo Inps”, subiva “gli effetti negativi dei limiti alla perequazione automatica previsti dalla legge di bilancio 2023”, “con una irragionevole e definitiva penalizzazione anche per l’effetto cumulato delle analoghe disposizioni precedenti”.

“La penalizzazione dei titolari di trattamenti pensionistici più elevati – si legge nell’ordinanza della Corte dei conti toscana – lede non solo l’aspettativa economica, ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza”: in “tale prospettiva la pensione più alta alla media non risulta considerata dal legislatore come il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrati durante la vita economicamente attiva, ma alla stregua di un mero privilegio, sacrificabile anche in un’asserita ottica dell’equità intergenerazionale”.

“La particolare dignità dell’attività lavorativa come contributo al progresso della società implica la necessità di valorizzare i principi della proporzionalità della retribuzione ‘alla quantità e qualità del suo lavoro’ (art.36 Cost.) e la funzione propriamente previdenziale dei trattamenti pensionistici (art. 38 Cost.), rendendo necessario mantenere la proporzionalità anche nei confronti dei lavoratori in quiescenza, non solo per assicurare al soggetto un trattamento economico commisurato all’attività lavorativa svolta ma per tutelare la stessa dignità del lavoratore che non può essere sminuita nel periodo successivo al collocamento in pensione”.


Sandro Bennucci

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