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Morte Nasrallah: Iran giura vendetta ed evoca invio di truppe. Ma Israele non si ferma. Biden: “Giustizia è fatta”

Soldati Israeliani
Soldati israeliani (Foto d’archivio)

BEIRUT – Piangono i fedelissimi di Nasrallah, a Beirut. Lo storico leader del partito di Dio è stato ucciso dall’esercito israeliano con un attacco di portata eccezionale contro il quartier generale di Hezbollah in un bunker sottoterra, nel quartiere sciita a Beirut.

L’Idf ha confermato nella mattina di sabato, il gruppo fondamentalista legato all’Iran, dopo aver smentito più volte venerdì sera, alla fine l’ha nominato tra i suoi martiri. Dagli Usa Joe Biden ha dichiarato che l’uccisione di Nasrallah è “una forma di giustizia” per le molte vittime di cui si è macchiato. Anche americane.

Mentre Teheran giura vendetta, evocando la possibilità di inviare le sue truppe in Libano “per combattere contro Israele, proprio come nel 1981”. Intanto è emerso che, con il segretario generale, sono stati assassinati anche il vice comandante della Forza Quds dei Pasdaran in Libano, Abbas Nilforoushan , il numero 3 di Hezbollah Ali Karki, comandante delle unità in Libano meridionale, e altri alti ufficiali.

Il raid dell’Aeronautica (Iaf) è avvenuto durante una riunione in un complesso sotterraneo sotto un edificio a più piani del quartiere sciita di Dahiyeh, convocata per decidere passi ulteriori contro lo Stato ebraico. Una potenza di fuoco praticamente senza precedenti ha distrutto un intero isolato di palazzine. Gli F15 hanno lanciato in sequenza 83 bombe anti-bunker da un quintale, per penetrare in profondità nel sottosuolo.

Ordigni spaventosi, usati per la prima volta nel 2016 per distruggere i tunnel nella Striscia di Gaza. L’attacco ha polverizzato almeno sei condomini. Sotto le macerie, secondo le stime israeliane, ci sarebbero almeno 300 vittime. Per la sicurezza libanese sono stati recuperati 11 morti. L’ampia distruzione provocata dall’Idf nel baluardo di Hezbollah ha evidentemente archiviato la proposta di cessate il fuoco Usa-Francia. La diplomazia a Washington è già al lavoro per elaborare una nuova formula che getti acqua sul fuoco dell’escalation.

Tuttavia, le mosse del premier Benyamin Netanyahu sono a un tale punto avanzato che difficilmente tornerà indietro. Come ha dimostrato venerdì pomeriggio: pur trovandosi a New York per il suo discorso all’Assemblea Onu, non ha esitato a dare il via libera all’azione: la finestra operativa si era aperta, il primo ministro ha dato l’ok. Facendo infuriare gli americani, con l’accordo di tregua in mano.

Adesso, l’omicidio dell’alleato numero uno di Teheran, ritenuto dagli ayatollah iraniani ‘pari tra pari’, rappresenta uno dei capitoli più drammatici dal 7 ottobre a oggi e dell’intera storia del Medio Oriente. Poiché Nasrallah era riuscito a catalizzare intorno alla sua figura – sfuggente – un enorme sostegno nell’intera regione, diventando un simbolo nei Paesi arabi. L’Iran e Hezbollah hanno perso la faccia davanti ai loro sostenitori. L’enorme arsenale del gruppo fondamentalista in Libano è stato finanziato dalla repubblica islamica, nei magazzini ci sono missili balistici che potrebbero colpire facilmente tutto il territorio israeliano. Opzione-scudo che Teheran tiene in serbo da anni nel caso in cui Israele attaccasse i suoi siti nucleari direttamente.

L’Iran si trova ora con le spalle al muro e dovrà prendere una decisione. Finora ha accettato le pressioni degli Usa e non si è vendicato direttamente – come aveva fatto ad aprile per l’attacco al consolato di Damasco – per l’omicidio del capo politico di Hamas in casa propria a luglio. Ora lo scenario si è aggravato. Ma la guida suprema Ali Khamenei ha due punti prioritari nella sua agenda: il piano per portare avanti il programma nucleare e la necessità di ottenere la revoca delle sanzioni entro un anno, come stabilisce l’accordo nucleare del 2015. Per questo finora Teheran ha tenuto a bada frustrazione e rabbia contro Israele. Oltre alla necessità di non rompere le comunicazioni sottotraccia e indirette con gli americani, alleati di Gerusalemme.

Sabato Khamenei, dal bunker dove si è messo al sicuro, ha chiamato a raccolta “tutti i musulmani” per dire che è “dovere” schierarsi con Hezbollah contro Israele dopo l’uccisione di Nasrallah. Nel mentre l’Iaf ha continuato le sue operazioni lanciando raid nel sud del Libano e altri attacchi mirati a Beirut in cui sono stati uccisi il comandante dell’unità missilistica di nel sud del Libano Muhammad Ali Ismail e il capo della divisione intelligence Hassan Khalil Yassin.

I miliziani islamisti hanno tirato quasi un centinaio di razzi e missili sul nord e il centro di Israele e sulla Cisgiordania. Gli Houthi yemeniti nel pomeriggio hanno lanciato un missile terra-terra. l’Idf sa che stanno per abbattersi su Israele ‘giorni difficili’, e si aspetta la vendetta. Gli israeliani e gli ebrei all’estero corrono rischi. Ma il capo di stato maggiore, Herzi Halevi, ha avvertito che l’esercito ha in serbo altre soprese per i nemici dello Stato ebraico: “Non è la fine degli strumenti, nella nostra cassetta degli attrezzi”.



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