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Nobel per la pace 2024 ai superstiti di Hiroshima e Nagasaki: vince l’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo

Nobel Per La Pace 2024 Ok
Il disegno diffuso dall’Accademia di Stoccolma

Il comitato norvegese del Nobel ha assegnato il premio per la Pace 2024 all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo, l’associazione fondata dai sopravvissuti ai bombardamenti atomici in Giappone durante la Seconda guerra mondiale. Il premio arriva un anno prima dell’80esimo anniversario dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, e in un momento di crescente preoccupazione per il possibile uso di armi nucleari. Ai sopravvissuti di quei terribili giorni di agosto del 1945 il Comitato di Oslo ha deciso di conferire il Nobel per la pace, proprio per lanciare un monito alla comunità internazionale.

MOTIVAZIONE – “La testimonianza degli Hibakusha, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, è unica”, “ci hanno aiutato a descrivere l’indescrivibile, a pensare l’impensabile e in qualche modo comprendere la pena e la sofferenza causata dalle armi atomiche”. E’ quanto scrive il comitato nella motivazione del premio per la Pace conferito quest’anno all’organizzazione giapponese che, raccogliendo le testimonianze dei sopravvissuti a Hiroshima e Nagasaki, ha contribuito a formare la norma internazionale che rende l’uso delle armi atomiche inaccettabile.

La situazione a Gaza è “come il Giappone di 80 anni fa”, ha denunciato il gruppo di attivisti, Nihon Hidankyo, che ha puntato il dito anche contro Vladimir Putin. Il Nobel per la pace di quest’anno è stato assegnato al movimento giapponese fondato nel 1956, “per i suoi sforzi nel realizzare un mondo libero da armi nucleari e per aver dimostrato attraverso le testimonianze che le armi nucleari non devono mai più essere utilizzate”, ha spiegato Jorgen Watne Frydnes, presidente del comitato norvegese che conferisce il riconoscimento.

La preoccupazione sollevata da Oslo è che il “tabù nucleare” internazionale, che si consolidò proprio dopo le bombe lanciate sul Giappone, in questi ultimi anni sia stato messo in discussione. In questo senso, il “premio di quest’anno serve a rinnovare la necessità di sostenere questo tabù”. Ed è un richiamo alla “responsabilità”, che si rivolge alle “potenze nucleari”.

Il co-direttore del gruppo dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, Toshiyuki Mimaki, ha accolto il premio con sorpresa ed in lacrime, ma ha mantenuto la lucidità per mettere in chiaro che si è tornati a camminare sull’orlo del precipizio: “È stato detto che grazie alle armi nucleari il mondo mantiene la pace”, ma “se la Russia le usa contro l’Ucraina, se lo stesso fa Israele contro Gaza, non finirà lì”, ha avvertito. Due esempi scelti non a caso: Mosca dal 2022 ha ripetutamente brandito la minaccia nucleare nel tentativo di dissuadere l’Occidente dal sostenere l’Ucraina, mentre nello Stato ebraico il ministro della destra ortodossa Amihai Eliyahu, compagno di partito del falco Itamar Ben Gvir, ha evocato l’uso dell’atomica a Gaza per estirpare definitivamente Hamas, anche se la sua uscita gli è costata l’espulsione dal governo.

Poi c’è l’Iran, che ha ripreso ad arricchire l’uranio, e la Corea del Nord, che utilizza la minaccia atomica come strumento di pressione verso il Sud e gli Usa. E non vanno dimenticare le altre potenze nucleari, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina, India e Pakistan, che secondo un recente rapporto dello Stockholm International Peace Research Institute stanno modernizzando i loro arsenali alla luce delle crescenti tensioni geopolitiche. Se una di questa potenze dovesse valicare il Rubicone dell’atomica, il rischio è quello di una “guerra nucleare” che “potrebbe distruggere la nostra civiltà”, è l’allarme del Comitato per il Nobel. Come cupo promemoria c’è proprio “l’inferno sulla terra” in cui precipitarono gli abitanti di Hiroshima e Nagasaki, il 6 e 9 agosto di 79 anni fa: 210.000 morti e 150.000 feriti dopo le esplosioni, senza contare le vittime delle radiazioni. Il primo e unico attacco atomico della storia sferrato dagli americani per costringere l’impero del sole ad arrendersi, durante la seconda guerra mondiale.



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