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Meloni al Senato: “Piano Ue roboante rispetto alla realtà”. Sintesi con la Lega. Difende il Colle. Tensione verso Renzi

Meloni Al Senato
L’intervento di Giorgia Meloni al Senato (Foto Governo.it)

ROMA – Giorgia Meloni sembra più vicina a Trump che all’Unione Europea nel suo intervento al Senato. Cominciando col dire che “con le rappresaglie” sui dazi “tutti perdono”. E il governo “sostiene lo sforzo avviato dal presidente Trump” per la pace in Ucraina.

Quindi la Premier condensa tutti i dubbi sul ReArm Europe di Ursula von der Leyen, “un annuncio roboante” – dice con un aggettivo più volte usato dai leghisti – “rispetto alla realtà di quanto viene proposto”. E boccia di nuovo la strategia dei “volenterosi”, “complessa, rischiosa e poco efficace”, davanti a cui Roma non ha mai messo all’ordine del giorno l’invio di truppe in Ucraina.

Meglio, ribadisce, estendere a Kiev le garanzie dell’articolo 5 della Nato, “una proposta su cui cresce il consenso”. Le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo sigillano le crepe nella maggioranza, che fa sintesi in una risoluzione (approvata 109 voti favorevoli, 69 contrari e 4 astensioni) in cui “ReArm Europe” non compare mai. Chiedeva invece di cambiare il Piano “radicalmente” quella chiusa con non poca fatica del Pd, una delle cinque delle opposizioni.

L’appuntamento a Palazzo Madama è preceduto da una telefonata di Matteo Salvini (impegnato all’estero) a Meloni, resa nota dagli staff, per smentire le ricostruzioni sulle tensioni di questi giorni. E sono seguite da un comunicato della Lega che promuove il discorso della presidente del Consiglio, “nella giusta direzione, fortemente auspicata da Salvini”.

In mezzo si registra anche il tweet entusiasta di Andrea Stroppa, il referente italiano di Elon Musk, secondo cui la “vicinanza storica della Lega con il ministro Salvini e il ministro Giorgetti agli Usa è positiva per l’Italia”. C’è chi legge il discorso in Meloni in controluce prospettando a breve una visita alla Casa Bianca. Il primo dossier da affrontare con Trump sarebbe quello dei dazi. La premier predica “concretezza e pragmatismo”, per “scongiurare una guerra commerciale che non avvantaggerebbe nessuno, né Stati Uniti né Europa”.

“Non dia retta a Salvini o sono dazi amari”, la avvisa Matteo Renzi. “Tra Trump e l’Europa scelga l’Europa”, l’esorta il dem Francesco Boccia, accusandola di “ignorare i problemi” per provare a “tenere insieme la maggioranza”. “E ci riesco anche”, la risposta a distanza della premier. Gli unici due applausi bipartisan sono per il “saluto affettuoso” di Meloni al Papa, e per le parole su Sergio Mattarella dopo gli affondi di Mosca: “Con determinazione siamo al fianco del presidente, ogni qual volta che viene attaccato per la sola ragione di aver ricordato chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti”.

Il leader di Iv prova a stanarla con 5 domande (serbandone “un’altra, su Pazzali…” sorride in Transatlantico). La premier risponde solo alla prima: “Una manovra correttiva non è nei radar del governo”. Renzi “getta ombre” per “vendere il suo libro”, la replica di Meloni, che glissa anche sulle intercettazioni al direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e sul caso Almasri. Questa volta la polemica non oscura il suo discorso, in scena poche ore dopo l’attacco israeliano che rompe la tregua a Gaza (c’è “grande preoccupazione”, spiega). Ma soprattutto durante la telefonata Trump-Putin.

“Una notizia bellissima, avvicina una pace che sembrava lontana – nota Salvini -, nelle ore in cui una certa Europa parla di armi e guerra”. Poco prima von der Leyen ha affermato che “se l’Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra”. I leghisti invitano Meloni a “contrastare” il metodo della presidente della Commissione. E la premier di fatto esplicita i dubbi sul Piano, a partire dalla denominazione “fuorviante”, perché la difesa “non è solo l’acquisto di armamenti”. Nel ReArm, rimarca, “non ci sono nuove risorse, ma solo la possibilità di fare più deficit”. E poiché “siamo gelosi dei risultati di bilancio”, avvisa, l’Italia “valuterà con attenzione se attivare gli strumenti del Rearm” e intanto propone garanzie europee a sostegno degli investimenti privati.

Ma su difesa e sicurezza vanno fatti passi avanti. Non si può “immaginare una garanzia di sicurezza duratura dividendo l’Europa e gli Stati Uniti”, sottolinea Meloni ribadendo che va rafforzato il pilastro europeo nella Nato e che “un esercito Ue non è all’ordine del giorno”. “Ad altri”, aggiunge, lascia “la grossolana semplificazione per cui aumentare la spesa della sicurezza significa tagliare iservizio il welfare”. Può suonare un messaggio anche agli alleati. Di certo per il M5s: “Conte prese l’impegno ad arrivare al 2% del Pil per compiacere qualcuno?”.

Un affondo anche sulla piazza per l’Europa di sabato scorso, sul “paradosso” di chi “sventola le bandiere della pace contro le spese per la difesa e si lamenta di una eccessiva ingerenza americana”. Lei, da “patriota”, promette che metterà l’Italia “in sicurezza”.


Bennucci

Sandro Bennucci

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