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Dazi di Trump dal 2 aprile. Preoccupazione forte in Italia. Il tycoon attacca anche Putin per l’Ucraina: “Sono furioso”

Donald Trump firma ordini esecutivi (Foto pool Casa Bianca)

WASHINGTON – Donald Trump conferma i dazi dal 2 aprile 2025. Anche in Italia c’è molta apprensione. Vino, formaggi, pomodori: grande paura dei produttori. Ma il presidente Usa tira dritto: “Non mi interessa se i prezzi della auto straniere saliranno. Anzi lo spero perché vorrà dire che la gente inizierà ad acquistare auto americane, ne abbiamo in abbondanza”, ha detto aprendo a eventuali trattative sulle tariffe solo sei i paesi colpiti “vorranno darci qualcosa di grande valore. Altrimenti non c’è spazio per negoziare”.

Convinto che i dazi siano l’elemento chiave per trasformare l’economia americana, punendo chi si è approfittato degli Stati Uniti per decenni, il presidente americano non ha comunque ancora chiarito né fatto trapelare cosa annuncerà il 2 aprile, ribattezzato il ‘giorno della liberazione’. Trump infatti svelerà i dazi ma non è chiaro di quale entità e reciproci fino a che punto, lasciando solo intendere che potrebbero colpire 1.000 miliardi di dollari di scambi commerciali. Inizialmente aveva parlato di tariffe pari a quelle imposte contro gli Stati Uniti dai vari paesi. di recente, invece, ha ipotizzato dazi inferiori a quelli fatti pagare agli Stati Uniti. E dietro le quinte con i suoi più stretti collaboratori è tornato a rilanciare l’idea di tariffe universali.

L’ipotesi più probabile è quella delineata dal segretario al Tesoro Scott Bessent e prevede che a essere colpiti siano i ‘dirty 15’, i 15 paesi con cui gli Usa hanno il peggior squilibrio commerciale. Ma non c’è certezza sulla strada che Trump intraprenderà, visto che già nei giorni scorsi ha sorpreso il suo staff con l’annuncio sui dazi al 25% sulle auto straniere, la cui imminente entrata in vigore ha fatto scattare una corsa agli acquisti. Quello che appare sicuro è che i dazi sulle auto saranno “permanenti”, ha spiegato Trump in un’intervista telefonica a Nbc, durante la quale non ha escluso di poter cercare un terzo mandato. “Ci sono vari modi per farlo. In molti mi chiedono di farlo”, ha spiegato il presidente. Anche se la Costituzione americana, al 22mo emendamento, stabilisce per un presidente due soli mandati.

Pur ostentando pubblicamente sicurezza, la Casa Bianca teme che l’annuncio atteso per mercoledì crei un nuovo scossone sui mercati finanziari, già agitati dai timori per una possibile stagflazione causata in parte proprio dai dazi. Alcuni dei più stretti collaboratori del presidente americano, inclusi il vicepresidente JD Vance e il capo della staff della Casa Bianca Susie Wiles, avrebbero privatamente confessato di non sapere cosa esattamente farà il loro boss il 2 aprile. “Nessun decisione definitiva è stata ancora presa”, ha sottolineato un funzionario dell’amministrazione a Politico. L’Europa e i principali partner commerciali americani – Canada e Messico in primis – attendono con il fiato sospeso la nuova stretta di Trump. “La trattativa sui dazi va condotta a livello europeo, sarebbe un errore condurle a livello italiano”, ha detto il ministro degli esteri Antonio Tajani.

“L’obiettivo non è un braccio di ferro con gli Usa o un’arrendevolezza, quello che conta è tutelare le nostre imprese”, ha aggiunto Tajani, che ha chiesto che nella lista dei prodotti americani sanzionati “non sia messo il whisky perché rischiamo dazi enormi sui nostri vini. La linea della durezza non servirebbe a nulla”. Per il premier canadese Mark Carney la posta in gioco è particolarmente elevata con le elezioni a stretto giro. Le auto e i loro componenti sono la seconda voce più importante in termini di esportazioni, dando lavoro direttamente e indirettamente a 500.000 persone e rappresentando il 10% del pil. 

PUTIN – Trump è anche “molto arrabbiato” e “incavolato” con Vladimir Putin e minaccia l’imposizione di dazi al 25% sul petrolio russo nel caso non venisse raggiunto un accordo sul cessate il fuoco in Ucraina. La frustrazione del presidente americano è emersa chiaramente in un’intervista a Nbc, durante la quale il tycoon ha criticato il presidente russo per aver minato la credibilità di Volodymyr Zelensky paventando un governo di transizione e un nuovo leader per l’Ucraina.

“Se io e la Russia non dovessimo riuscire a raggiungere un accordo per fermare lo spargimento di sangue in Ucraina e se dovessi pensare che è colpa della Russia, allora applicherò tariffe secondarie sul tutto il loro petrolio”, ha spiegato riferendo che Putin è consapevole della sua arrabbiatura e che i due parleranno nuovamente in settimana. Pur usando toni duri con il leader del Cremlino e aleggiando dazi che potrebbero scattare entro un mese da una mancata intesa infliggendo un nuovo duro colpo all’economia russa, Trump ha comunque ricordato che fra i due c’è un “buon rapporto” e che la sua rabbia può “dissiparsi rapidamente” se Putin “fa la cosa giusta”.

Il presidente americano ha fatto della pace in Ucraina la sua priorità di politica estera e negli ultimi mesi ha lavorato per favorire contatti fra le due parti nel tentativo di spuntare un’intesa, che gli consentirebbe di mantenere una delle sue promesse elettorali e continuare a inseguire il suo sogno di ottenere il premio Nobel per la pace. Nei giorni scorsi la Russia e l’Ucraina hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco parziale e limitato che consentirebbe una navigazione sicura nel Mar Nero e fermerebbe gli attacchi alle rispettive strutture energetiche. Un’intesa messa a dura prova dai raid che continuano e dalle accuse reciproche di violazione dei termini stabiliti.

“La Russia sta prolungando la guerra. Ci aspettiamo una risposta dall’America, dall’Europa e da tutti i nostri alleati a questo terrore contro il nostro popolo”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky riferendosi ai continui attacchi russi. Gli ultimi in ordine temporale stanotte su Kharkiv che hanno causato due morti. Mentre guarda a una possibile soluzione per l’Ucraina, Trump non perde di vista l’Iran e neanche la Groenlandia, sua ossessione da anni. Il messaggio inviato a Teheran è chiaro: senza un accordo sul nucleare ci saranno “bombardamenti come non ne hanno mai visti prima” e “dazi secondari”.

Pur precisando comunque che si stanno “parlando”. Il presidente iraniano Massoud Pezeshkian, pur sostenendo di non essere contrario ai negoziati, ha chiarito che attraverso l’Oman Teheran ha per ora rifiutato l’opzione di colloqui diretti “ma siamo aperti a negoziati indiretti”. Il presidente Usa è stato altrettanto esplicito sulla Groenlandia. “Sarà nostra al 100%”, ha detto a Nbc senza escludere l’suo della forza per la conquista dell’isola più grande del mondo. “Penso ci siano buone possibilità di poter” ottenere la Groenlandia “senza l’uso della forza militare. Ma non l’ho mai esclusa”, ha spiegato Trump mostrandosi incurante di fronte alle proteste di Groenlandia e Danimarca. Il ministro degli esteri danese Lars Lokke si è infatti lamentato dei “toni” usati dal vicepresidente americano JD Vance durante la sua breve visita in Groenlandia dove ha attaccato direttamente Copenaghen, accusandola di non aver fatto un buon lavoro per gli abitanti dell’isola.

“Non apprezziamo il tono con cui sono state espresse le critiche”, ha detto Lokke. Stessa linea della fermezza dal neopremier groenlandese Frederil Nielsen: “Dobbiamo dimostrare in modo chiaro, distinto e calmo al presidente americano che la Groenlandia è nostra”. Parole che non hanno alcun effetto su Trump. A chi gli chiedeva che tipo di messaggio un’eventuale annessione della Groenlandia avrebbe inviato a Putin e al resto del mondo, il presidente ha risposto: “non ci penso molto e non mi interessa”. L’isola “è pace e sicurezza internazionale”. 



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