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Roberto Gervaso

Roberto Gervaso: «Vi dico come vincere la depressione»

Roberto Gervaso
Roberto Gervaso ai Rotary Firenze Bisenzio e Firenze Nord

FIRENZE – «Perché uso il papillon anziché la cravatta? L’unico modo per farsi ricordare». Non perde il gusto dell’ironia Roberto Gervaso, giornalista e scrittore, abituato da sempre a combattere in prima linea anche nemici potentissimi come la depressione. Ieri sera 22 gennaio è stato a Firenze, ospite dei Rotary Club Firenze Bisenzio e Firenze Nord presieduti rispettivamente da Antonio Benfante e Andrea Valeri, per presentare proprio il suo ultimo libro: «Ho ucciso il cane nero. Come ho sconfitto la depressione e riconquistato la vita» (Mondadori). Proprio come la chiamava Winston Churchill, vittima anche lui del «male oscuro», al pari di personaggi – dice Gervaso – come Giuseppe Berto, Vittorio Gassmann, ilFrancesco Cossiga degli ultimi anni. E più di altri il suo maestro di giornalismo, Indro Montanelli.

A lui Gervaso deve tutto. Da giovane raccoglieva «scientificamente» i suoi articoli, per leggerli ed imparare. Un giorno si decise a scrivergli – racconta – una raccomandata espresso alla sede romana del Corriere della Sera chiedendo di poterlo incontrare. Fu la svolta della sua vita. Montanelli, che non lo conosceva, rimase colpito dallo stile fluente della lettera. Lo fece chiamare, invitandolo a pranzo. Capì che in quel giovane che arrivava da Torino, benchè nato a Roma, c’era stoffa.

La prima cosa che Montanelli disse al futuro giornalista fu:«Il tuo padrone non sarà né l’editore né il direttore, ma solo il lettore. Sarà difficile conquistarlo, ma perderlo per sempre è questione di attimi. Come scrivere? Essenziale e sintetico. Quando vorrai mettere qualche aggettivo, prima dovrai chiedermi il permesso».

Viaggia su queste note il libro autobiografico di Roberto Gervaso, scritto di getto al termine del tunnel della depressione. Un calvario a tappe, che nel corso della vita lo ha colpito profondamente ben tre volte: a 23, 43 e 71 anni. Un «cane che ti morde le viscere» durato in tutto oltre 10 anni e «che ti rende incapace di tutto, anche di voler morire». La via d’uscita? Tanta autodisciplina e – sostiene Gervaso – l’aiuto degli antidepressivi. Non lo dice espressamente, ma anche la «malattia del giornalista» e la voglia di continuare a scrivere hanno sicuramente acceso qualche luce in quel lungo tunnel.


Sandro Addario

Giornalista

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