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Camillo Cipriani A5c37d06

Eurispes: l’Italia non sa uscire dalla crisi. Una famiglia su due non arriva a fine mese

Cascine, folla al mercato nel giorno di San Giovanni
folla al mercato

È un’Italia a tinte fosche quella che emerge dal 27.mo Rapporto Italia dell’Eurispes. Mentre la crisi continua a mordere – ha spiegato il presidente di Eurispes, Gian Maria Fara, presentando il dossier – lo Stato sopravvive nutrendosi dei propri cittadini e delle proprie imprese. «Assistiamo – ha aggiunto Fara – al trionfo di un apparato burocratico onnipotente e pervasivo, in grado di controllare ogni momento e ogni passaggio della nostra vita».

Il Rapporto ci narra che quasi 9 italiani su 10 ritengono che la situazione economica dell’Italia sia peggiorata nel corso dell’ultimo anno. Si nota un vero e proprio cambiamento di comportamento dei consumatori, che tagliano gli acquisti del superfluo (tempo libero, pasti fuori casa, parrucchiere, estetista, ecc.), decidono di rivolgersi più spesso a punti vendita economici come grandi magazzini, mercatini, outlet e rimandano gli acquisti ai saldi.

ESTERO – Gli italiani sono ormai sfiniti dalla crisi, ecco perché cresce enormemente il numero di coloro che vorrebbero andare a vivere all’estero (quasi il 45,4%, dal 40,6% nel 2011 e dal 37,8% nel 2006). In deciso aumento gli italiani euro-scettici, con il 55,5% convinto che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro. «Quella che si registra è una sostanziale delusione delle aspettative che erano maturate nel corso degli anni, procurata soprattutto dalla mancanza di una effettiva integrazione, dalla crisi economica che l’Unione stessa non sembra in grado di governare e dall’evidente strapotere degli interessi di alcuni paesi sugli altri», afferma Fara.

FAMIGLIE – La condizione economica delle famiglie è peggiorata nel 76,7% dei casi. Con un aumento di 16,4 punti percentuali rispetto al 2014, il numero di quanti non riescono ad arrivare alla fine del mese con le proprie entrate si attesta al 47,2%. Moltissimi, il 62,8%, sono costretti ad usare i propri risparmi per far quadrare i conti.

LIRA – Come detto sempre più persone rimpiangono la vecchia Lira: oggi il 40,1% degli italiani pensa che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro, una quota che si attestava al 25,7% ad inizio 2014. Il 55,5% degli euroscettici ritiene che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro poiché è stata proprio la moneta unica ad indebolire l’economia italiana.

ISTITUZIONI – Sette italiani su dieci (69,4%) diminuiscono la fiducia nelle istituzioni. Il governo raccoglie un tasso di fiducia al 18,9%, basso ma lievemente in crescita rispetto alle rilevazioni passate. Il parlamento continua a segnare una diminuzione del grado di fiducia 10,1% (-6% rispetto al 2014). Male quest’anno la magistratura che fa molti passi indietro (28,8%), con un crollo di consensi del 12,6%.

ISTRUZIONE – Notizie negative anche in merito alla scolarizzazione dei giovani: l’Italia è quasi fanalino di coda in Europa. Nel campo degli abbandoni scolastici infatti c’è ancora molta strada da fare e ci si attesta su valori non consoni a uno Stato avanzato. Le dimensioni del fenomeno sono ancora molto elevate: 17% contro la media europea che si attesta a quota 11,9%. Fanno peggio di noi soltanto Spagna e Portogallo, Malta e Romania e la riduzione degli abbandoni procede a una velocità troppo bassa per poter raggiungere l’obiettivo comunitario, motivo per cui è stato fissato un target nazionale da raggiungere, vista la lontananza da quello europeo, a quota 15-16%.

UNIVERSITÀ – Per quanto riguarda l’università le cose non vanno meglio. Esaminando la percentuale di laureati tra i 30 e i 34 anni emerge non soltanto che l’Italia è appena a metà strada dall’obiettivo fissato ma anche che rappresenta il fanalino di coda dell’Europa (22,4% contro una media dell’Unione del 36,5%) con una differenza abissale tra uomini e donne che riescono a conseguire il titolo universitario o post-universitario (17,7% contro 27,2%). Anche in questo comparto (istruzione terziaria), l’obiettivo italiano è stato ridimensionato rispetto al target europeo (26 – 27% contro il 40% comunitario).

Non è certo un quadro favorevole e positivo. A questa situazione dovrà dedicare particolare attenzione il premier Matteo Renzi, esultante per i recenti dati positivi in tema di occupazione, ma finora molto assorbito dalle battaglie per l’elezione al Quirinale, per l’Italicum e il jobs Act. Per carità, tutti temi che interessano il popolo italiano, ma che non hanno influenza diretta e decisiva sulle condizioni di vita di tutti i giorni. Quelle che interessano con priorità assoluta ai cittadini italiani.

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