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Lo stabilimento Ilva a Taranto

Ilva: referendum consultivo per la chiusura. Firenze vicina ai tarantini

Lo stabilimento Ilva a Taranto
Lo stabilimento Ilva a Taranto

FIRENZE – E’ una domenica decisiva per Taranto quella di oggi, 14 aprile. Stasera, ad urne chiuse, dopo la fine del referendum consultivo indetto dal comitato ‘Taranto Futura’ si deciderà il futuro dell’Ilva. Firenze, grazie alla voce del tarantino Mauro Zaratta che si è trasferito nel capoluogo toscano per curare al Meyer il figlio di 4 anni malato di cancro non essendoci a Taranto un reparto di Neurochirurgia pediatrico, si impegna ad essere vicina alla città dei fumi rossi, come tanti la conoscono.

La storia di Mauro è l’esempio lampante di quanto siano importanti quei due “Sì” ai quesiti del referendum sulla chiusura totale dell’impianto e su quella parziale dell’area a caldo che comprende gli impianti a maggiore impatto ambientale, ovvero parco minerali, cokerie, altiforni e acciaierie, sulla quale sono peraltro in corso le indagini della Magistratura. “Malgrado sia a Firenze oggi – racconta Mauro al nostro giornale – sono particolarmente ansioso per il risultato di questo referendum. Sarei contento se la città si svegliasse e fosse priva di fabbriche”. Le parole di Mauro suggeriscono speranza ma il giovane padre – che ogni giorno lotta contro la malattia del figlio Lorenzo, con gli occhi che non vedono più e un bottoncino sulla pancia per alimentarlo – non nasconde la sua perplessità sull’esito del referendum. “Purtroppo a Taranto comanda l’idea che si preferisca morire di cancro che di fame. Non penso che il risultato dello spoglio sarà soddisfacente perchè quando si parla di salute non sono tanti quelli disposti ad alzare la voce e a scendere in piazza”. Con qualche eccezione, dato che in occasione della manifestazione della scorsa settimana, sono stati migliaia i tarantini che hanno sfilato per le strade della città rivendicando una Taranto libera da veleni e malattie. “Il mio pensiero – aggiunge Mauro – va ovviamente anche ai dipendenti della fabbrica ai quali vanno certamente offerte delle valide alternative”.

Mauro a Taranto non tornerà, nè tantomeno intende farlo. “Ne andrebbe della salute di mio figlio. Certo, nessuno è in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di Lorenzo e i fumi dell’Ilva, ma la mia famiglia lavorava lì e i miei nonni, mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche era all’Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi, quello a ridosso dello stabilimento”. “Non posso fare altro – conclude – che restare vicino alla mia città da qui; i fiorentini hanno espresso tanta soliderietà nei miei confronti e in quelli della mia famiglia. Meno, invece, le istituzioni locali che sul mio caso e su quello dell’Ilva non si sono espresse”.


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stefania ressa

Giornalista

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