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Pubblica amministrazione, taglio drastico: i burocrati non potranno restare in servizio per due anni dopo l’età pensionabile

Il ministro Marianna Madia
Il ministro Marianna Madia

ROMA – Dopo molte titubanze e resistenze il ministro Madia ha disposto che, salvo qualche eccezione regolamentata, i burocrati dovranno andare in pensione al compimento del 65° anno d’età, senza possibilità di proroga biennale, come poteva avvenire in qualche caso in passato, a discrezione dell’amministrazione.

CIRCOLARE – È stata emanata in questi giorni la circolare(n. 2/2015 del 19 febbraio) del ministero della Pa che conferma e regola l’uscita obbligatoria (con poche eccezioni) dalla Pubblica amministrazione per chi abbia raggiunto l’età della pensione e ridefinisce la disciplina della risoluzione unilaterale.

DECRETO – Il decreto legge “Madia” n. 90/2014 (convertito in legge 114/2014), entrato in vigore quest’estate, prevedeva dopo il 31 ottobre 2014 l’abolizione del trattenimento in servizio, che consentiva ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare dopo il raggiungimento dei requisiti per la messa a riposo.

MAGISTRATI – Solo per i magistrati il termine è stato, già nel decreto, esteso al 31 dicembre 2015. Il provvedimento prevede la risoluzione del rapporto di lavoro «obbligatoria, per coloro che hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia ovvero il diritto alla pensione anticipata, avendo raggiunto l’età limite ordinamentale».

TRATTENIMENTI – Essendo già scaduto» il termine del 31 ottobre 2014, «i trattenimenti non possono proseguire», si legge nel testo della circolare pubblicata sul sito della Funzione pubblica. «A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si intendono revocati ex lege».

LAVORO – La circolare, concordata nei contenuti con il ministero del Lavoro, analizza anche le ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro che riguardano in particolare il caso in cui il deipendente non abbia maturato alcun diritto alla pensione al termine dell’eta limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. In tali casi, il rapporto di lavoro preosegue «per permettere al dipendente di maturare i requisiti minimi previsti per l’accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età».

MEDICI – Un paragrafo è poi dedicato al regime speciale dei dirigenti medici e del ruolo sanitario, per i quali continua a valere la normativa previgente che individua il limite massimo per il collocamento a riposo al compiemto del 65mo anno di età «ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con limite massimo di permanebnza al settantesimo anno di età».

RISOLUZIONE UNILATERALE – Tra le novità del Dl Madia, la ridefinizione dell’istituto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. In materia, la circolare specifica come il Dl 90/2014 esclude un limite temporale di applicabilità, in maniera che l’istituto è utilizzabile a regime da tutte le Pa. Ampliata anche la platea delle amministrazioni interessate, con inclusione della Autorità indipendenti. Rimangono invece fuori dall’ambito di applicazione le categorie di personale regolate da regimi di accesso al pensionamento speciali, come il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico. In termini di procedura, la riformulazione della normativa «rende esplicita la necessità che la decisione sia motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati».


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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