Elezioni di primavera: dopo il caso Marino, Renzi annacqua le primarie
Si fa un gran parlare della caduta di Ignazio Marino, ormai ex sindaco di Roma, delle sue dimissioni, della designazione del candidato a succedergli nelle elezioni amministrative di primavera. Renzi, temendo un bis se si affidasse la scelta soltanto alle primarie, ha già praticamente annunciato le primarie si faranno, ma che sarà influente la scelta del partito. Intervistato da Fazio a ‘Che Tempo Che Fa il premier si rimette alle elezioni interne e ad una ritrovata «scelta collegiale che si farà nel Pd». Comunque sta già pensando con qualche preoccupazione alla prossima tornata che vedrà il rinnovo di sette capoluoghi di regione, fra cui quattro città fondamentali come Torino, Milano, Roma e Napoli.
GOVERNO – Renzi è cosciente che il partito (e di conseguenza il governo) si gioca molto nelle amministrative della primavera 2016; il Pd arriverà avendo tutto da perdere e niente da guadagnare. In tutte le principali città al voto, infatti, il centrosinistra guida le giunte uscenti. A Bologna con Virginio Merola, a Milano con Giuliano Pisapia, a Cagliari con Massimo Zedda, a Trieste con Roberto Cosolini, a Napoli con Luigi De Magistris e, infine, a Torino con Piero Fassino. E se proprio Fassino sembra essere l’unica carta certa per garantirsi una conferma, in tutte le altre città l’affermazione del centrosinistra è tutt’altro che scontata. Persino a Bologna, dove la rottura tra Merola e Sel apre la strada a un ballottaggio pieno di incognite.
ELEZIONI – Anche per questo Renzi cerca di preparare nel modo migliore la prossima tornata elettorale. Se alle Europee del 2014 chiese – e ottenne – la legittimazione della sua scalata a Palazzo Chigi e alle Regionali 2015 ha registrato un primo allarmante calo del consenso, il risultato delle Amministrative di primavera viene vissuto come un vero e proprio test di «midterm» sul governo. E così il premier non vuole lasciare niente al caso, preparandosi a indirizzare attraverso indicazioni del partito i nomi dei futuri candidati per evitare di lasciare soltanto alla «lotteria» delle primarie il compito di scegliere dei nomi che, alla prova dei fatti, potrebbero rivelarsi sbagliati.
PRODI – Il premier sembra aver fatto un passo indietro: l’abolizione delle primarie, alla quale aveva pensato in un primo momento, era stata subito contestata dalla minoranza Dem. «Per me le primarie sono inevitabili, nessuno può pensare che basti una decisione calata dall’alto – ha detto l’ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza – si deve ripartire dal rapporto con i cittadini. Solo così si potrà superare il senso di disagio che si vive nel partito a Roma». Anche Romano Prodi è stato chiaro. Fare o no le primarie a Roma per scegliere il candidato alla successione di Marino? «Non chiedete a me perché io sono l’uomo delle primarie, quindi…». Un discorso fatto sulla Capitale, ma che s’ intende esteso anche alle altre città al voto, in primis Milano e Napoli. Ma non ci si può certo fidare delle affermazioni dei dem, si è visto com’è andata a finire per la riforma del Senato, per la quale hanno praticamente accettato il diktat di Renzi.
TASSE – Il premier punta anche sui previsti risultati positivi dell’azione del governo per «tirare la volata» ai candidati. Il 2016, secondo gli annunci, sarà l’anno in cui gli italiani non pagheranno più la Tasi sulla prima casa, fatto che dovrebbe replicare l’effetto che gli «80 euro» ebbero sulle Europee. E confida anche sulla scarsa coesione delle opposizioni, da un lato il MoVimento 5 Stelle da solo cercherà di espugnare per la prima volta una metropoli (Roma o Napoli) mentre il centrodestra dovrà ritrovare unità per esprimere candidati realmente competitivi.
Sicuramente il Segretario Pd è persona molto accorta e cercherà d’individuare persone affidabili e preparate da presentare, formalmente ancora attraverso le primarie, come candidati nelle elezioni che riguardano sette capoluoghi di regione. Questo metodo di selezione in fondo è stato alla base della sua ascesa nel partito e viene ancora ritenuto da una buona parte dei maggiorenti e del popolo Pd il sistema migliore e più democratico per scegliere i candidati. E Renzi ha già dimostrato più volte di voler adeguarsi parzialmente alla realtà pur di raggiungere lo scopo.