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Province: riforma nel dimenticatoio (almeno per il governo Renzi)

Palazzo Medici Riccardi ospita la Rassegna Artour-O
Palazzo Medici Riccardi

Lo stato dell’incompiuta riforma delle province e delle città metropolitane è ormai sotto gli occhi di tutti. Non ci sono più circa 100 presidenti di provincia, oltre 750 assessori e 3.000 consiglieri, ma il risparmio, che incide solo per lo 0,9%, circa 100 milioni di euro, è ridottissimo rispetto alla lievitazione dei costi di funzionamento delle nuove province – enti di area vasta – , aumentati nell’anno in corso di oltre il 5%. I nuovi enti oggi spendono circa un miliardo di euro in più rispetto al passato, con maggiori disservizi per i cittadini.

CONVEGNO – Questi dati, già ben conosciuti, sono confermati dall’analisi di un convegno organizzato da Forza Italia alla Camera «Le province `abolite` dopo un anno», che ha fatto il punto sull`effettiva attuazione della riforma Delrio. «L’incontro, nato da una sensazione generale del Paese di non comprensibilità dell`eliminazione degli enti provinciali, apre a diversi quesiti, come la fine che hanno fatto i servizi che le province assicuravano, il ruolo svuotato della Protezione civile, il criterio di tenere in vita organi di rappresentanza distinti tra province e comuni», ha spiegato Paolo Russo, parlamentare di Forza Italia.

CRITICITÀ – Punti focali delle criticità individuate, oltre alla certificata mancanza di risorse, la collocazione del personale, in un quadro in cui ad oggi ci sono province in default e dipendenti non retribuiti. Lo ha ricordato il segretario generale della provincia di Imperia e Savona Giulia Colangelo, rammentando le funzioni fondamentali dei cosiddetti Enti di Area Vasta (Eav) introdotti dalla legge, dalla gestione del territorio a quella delle strade provinciali passando per la rete scolastica e la tutela ambientale.

SOLUZIONE – La soluzione possibile viene prefigurata dal presidente della Provincia di Vercelli, Carlo Riva Vercellotti: «Dobbiamo ragionare se riprendere la strada Delrio e modificarla per creare una realtà a servizio dei comuni o rivedere tutto, anche il sistema delle Regioni, allargando i confini territoriali, facendo diventare l’Area Vasta un luogo di politica territoriale come prima». Cioè come se niente fosse cambiato: non mi sembrerebbe proprio un’eccellente idea.

SINDACATI – Ma intanto si naviga a vista, i tre segretari confederali della funzione pubblica hanno chiesto un incontro urgente al governo per superare l’impasse della riforma, ma ancora non hanno avuto risposta. I nuovi enti zoppicano, le città metropolitane non sono ancora né carne né pesce, alcune province rischiano il default, non si conosce ancora la sorte della polizia provinciale.

GOVERNO – Questo lo stato dell’arte, ben conosciuto e illustrato da Firenzepost, che ha spiegato più volte come anche questa pretesa rivoluzione, ereditata in parte dai precedenti governi (ricordiamo il fallimentare tentativo dei ministri Cancellieri e Patroni Griffi nel governo Monti), sia portata avanti a fatica e con molte contraddizioni dall’attuale esecutivo, nel quale il solo ministro Delrio, padre dell’omonima legge, sembra credere alla bontà della via intrapresa.

Per i ministri Madia e Padoan, alle prese con problemi più urgenti in vista del varo della legge di stabilità, la riforma delle province sembra dimenticata, mentre neppure il premier Renzi – che pur deve il suo lancio in politica alla poltrona di presidente della provincia di Firenze – dedica un briciolo d’attenzione alle vicende degli enti e dei dipendenti ex provinciali. Che continuano la loro battaglia per venire a capo della delicata e incresciosa situazione nella quale – loro malgrado – sono venuti a trovarsi. Chi ci rimette sono soprattutto i cittadini italiani e le istituzioni, che per questo stato di cose perdono ogni giorno sempre più credibilità.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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