Contratti di lavoro, Renzi: se confindustria e sindacati non trovano l’accordo, faccio tutto io
ROMA – Dopo lunghi mesi di trattative è già scontro sul “moderno sistema di relazioni industriali” perché la riforma del modello di contrattazione disegnato nel documento approvato unitariamente da Cgil Cisl e Uil, non piace a Confindustria e non entusiasma neppure il Governo.
SQUINZI – Il presidente Giorgio Squinzi lo boccia senza appello: «È una foto sbiadita», «una proposta già superata dai contratti di categoria» chiusi recentemente, attacca Squinzi, che contrappone le proposte delle imprese attualmente ai tavoli di rinnovo (metalmeccanici e alimentaristi, in primo luogo) «anni luce più innovative». I sindacati – ribadisce il numero uno degli industriali – «si stanno muovendo col passo del gambero. Sono stati buttati 6 mesi da quando li avevo invitati al tavolo».
SINDACATI – Dure risposte dei leader confederali a stretto giro di posta. Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: «La nostra una proposta vecchia? Forse Squinzi si è guardato allo specchio». Poco dopo preciserà: «Non mi riferivo alla persona del presidente di Confindustria ma a una parte del sistema che rappresenta. Anche se cercano di apparire giovani e innovativi, in molti di loro hanno in testa sempre lo stesso obiettivo di corto respiro: massimizzare i profitti tagliando i salari».
Ferma anche la replica del numero uno della Cgil, Susanna Camusso: «È il modello di riforma contrattuale di Confindustria ad essere vecchio come il mondo. La cosa più vecchia che c’è è sostenere il primato e il dominio dell’impresa».
La Cisl invece sceglie il ruolo di pompiere. «Oggi non può essere oggi il giorno delle polemiche» dice il segretario confederale Gigi Petteni, delegato dalla leader Annamaria Furlan a seguire passo passo l’elaborazione del documento unitario. Petteni invita tutti, imprese e sindacati, a «confrontarsi con grande responsabilità», «superando le divisioni che possono esserci in casa di ciascuno» e dando «un segnale nuovo e positivo al Paese».
DOCUMENTO – Il documento sindacale – che sarà inviato anche al governo, in quando datore di lavoro dei pubblici dipendenti – affronta i tre pilastri delle relazioni industriali: contrattazione, partecipazione, rappresentanza. I livelli contrattuali restano due. Quello nazionale di categoria viene rafforzato nella funzione di «regolatore salariale»: non più solo salvaguardia del potere d’acquisto dall’inflazione ma strumento per «distribuire aumenti» in modo da «contribuire all’espansione della domanda interna». Il secondo livello dove concordare ulteriori aumenti legati alla produttività è quello aziendale o in alternativa territoriale, di distretto, sito e filiera. I contratti, la cui durata secondo i sindacati dovrebbe tornare quadriennale, conterranno anche deroghe al Jobs act su licenziamenti individuali e collettivi, demansionamento, controlli a distanza, liberalizzazione dei contratti a termine. Tre le aree individuate per il capitolo partecipazione dei lavoratori ai risultati aziendali: governance, organizzativa, economica-finanziaria. Sulla rappresentanza si rimanda al Testo unico già firmato con Confindustria e successivamente con Confservizi, Cooperative e Confcommercio.
Palazzo Chigi sembra che non sia entusiasta di queste proposte: per il governo si tratta di «un documento molto generico. Più un tassello tattico di politica sindacale, che una proposta concreta di riforma delle relazioni industriali».
GOVERNO – E vista l’immediata reazione negativa di Confindustria scatta l’ultimatum: se non ci saranno novità, se le parti sociali non si siederanno al tavolo per trattare seriamente e concludere in tempi brevi deciderà il Governo. Il premier Renzi personalmente rincara la dose: “E ha aggiunto: “I sindacati sono una grande istituzione democratica”, ma “personalmente credo che ce ne sono tantissimi e io aggiungo:forse troppi”.