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Renzi, il Pd e il dopo referendum: elezioni e rischio-pantano

Ora c’è un rischio: il pantano. Ossia altri governi tecnici, di scopo, programmatici o d’emergenza. Cioè governicchi. Che gli italiani hanno dimostrato di non volere più attraverso la schiacciante vittoria del No. Un voto che ha schiacciato soprattutto Renzi, arrivato a Palazzo Chigi con il sostegno di Napolitano ma non di una robusta affermazione elettorale. E un Renzi che ha cercato, proprio attraverso il referendum, quella legittimazione che non aveva. E che gli è stata negata.

E’ vero che Grillini e Lega sono coloro che strillano di più per andare alle urne perchè, nell’inconciliabilità delle loro posizioni, si attribuiscono il merito della vittoria e vorrebbero metterla subito all’incasso. Ma è altrettanto vero che gli elettori, scomodandosi in massa in una bella domenica di dicembre, hanno mandato un segnale: niente più inciuci. «Abbiamo già dato». E non è più sopportabile un Parlamento di deputati e senatori che hanno cambiato «giubba», e posizione politica di partenza per una convenienza mascherata da senso di responsabilità. Nel nome della governabilità. Una governabilità che, di fatto, non c’è mai stata. E chi ha guidato il Paese ha dovuto ingoiare maggioranza variegate e un compromesso dopo l’altro. Finchè Renzi non ha deciso di fare da solo, andandosi a cercare la legittimità attraverso questo referendum-scommessa che ha determinato la sua grave sconfitta. Grave ma secondo lui non irrimediabile. Perché, conoscendolo fin da quando, poco più che ventenne, portava i comunicati dei giovani Popolari a «La Nazione», è quasi certo che avrà già pensato a come rimontare in sella. Se resta segretario del Pd potrebbe favorire, inizialmente, un governo di transizione. Salvo poi far traballare, quotidianamente, la poltrona del malcapitato nuovo capo del governo. Per dimostrare che la soluzione migliore è sempre lui. Come ha cercato, invano, di far capire negli ultimi due mesi, monopolizzando tv, radio, giornali, siti internet.

Il governo tecnico o di qualsiasi altra formula politichese è l’ultima cosa che gli italiani possono volere ora. I guasti di Monti e della Fornero li stiamo ancora pagando. Servono certezze e, soprattutto, l’investitura, per Palazzo Chigi, di una persona legittimata da elezioni. Renzi, alla fine, ha pagato anche le «invenzioni» di Napolitano, propenso a inventarsi presidenti del consiglio incaricati senza suffragio popolare. I sondaggisti italiani (a differenza dei colleghi americani che non avevano capito che sarebbe stato Trump a vincere la corsa per la Casa Bianca) non hanno dovuto faticare troppo a interpretare la volontà popolare e a pronosticare la vittoria del No. Hanno capito che c’era un Paese non più disposto a sopportare Finanziarie con sgravi fiscali finti e nuove imposizioni vere; con molti aiuti alle banche e quasi nulla alle piccole e medie imprese; contributi di solidarietà a carico di pensionati che hanno versato contributi per 40 anni e si sono visti togliere, proprio da Renzi, il diritto alla perequazione ribadito solennemente dalla Corte Costituzionale. Non basta: i presidenti del consiglio incaricati senza aver vinto le elezioni non hanno saputo affrontare la grave emergenza immigrati che sta provocando, nel Paese, guerre fra poveri e l’innalzamento di muri, soprattutto ideologici. La gente non ne può davvero più. Ha detto no alla riforma costituzionale che 11 ex presidenti e 11 ex vicepresidenti della Corte Costituzionale hnno definito un gran pasticcio. E con lo stesso voto, la gente ha detto no a una presunta deriva autoritaria, probabilmente più ipotetica che reale, percepita però da certi atteggiamenti di Renzi e dei suoi fedelissimi. Autori di «capolavori» come il decreto salvabanche e provvedimenti simili. Alcuni grandi giornali stranieri parlano di «ondata populista che non farà bene all’Italia». Ma il loro giudizio (vedi elezione di Trump) molto spesso non coincide con la realtà. L’importante è rimettersi alle regole democratiche: fare presto la nuova legge elettorale e ritrovare un governo finalmente eletto. Evitando l’ennesimo governicchio e il rischio pantano.


Bennucci

Sandro Bennucci

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