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Terrorismo: 133 foreign fighters partiti per la Siria e l’ Iraq. Sei sono tornati in Italia

FightersROMA – La relazione sulla radicalizzazione in Italia, voluta da Viminale e Palazzo Chigi, ha fornito i numeri del rischio jihad per il nostro Paese: più di 100 combattenti sono partiti per la Siria e l’Iraq, ora però alcuni tornano dal fronte, monitorati dall’Antiterrorismo della Polizia di Stato e sei si trovano sul territorio nazionale. Rischio anche nelle carceri, segnalato dal premier Gentiloni: sono 153 i detenuti pericolosi. Rischi infine da 18 italiani convertiti.

Preoccupa dunque la radicalizzazione, anche se il fenomeno ha «una dimensione numerica minore» rispetto ad altri paesi, ha detto Gentiloni, ma il problema non si può sottovalutare e va affrontato in tutta la sua complessità, tenendo ben presente che «i percorsi di radicalizzazione si sviluppano soprattutto nelle carceri e nel web» ed è lì che bisogna agire.

DUE ESPULSIONI . Ieri intanto due persone, a conclusione di altrettanti indagini della polizia di Stato, sono state raggiunte da provvedimenti di espulsione, per motivi di sicurezza nazionale, a Padova e Siracusa. Il primo, un 32enne marocchino, è stato già imbarcato su un volo da Milano; il secondo, un tunisino di 46 anni, è stato accompagnato nel centro di accoglienza di Caltanissetta dove è sorvegliato in attesa di essere riportato in patria.

Sono 133 le persone gravitanti in ambienti dell’estremismo religioso espulsi con accompagnamento in frontiera dal gennaio 2015 ad oggi. «Negli ultimi anni si è assistito alla crescita di una embrionale comunità Jihadista italiana sul web, ed in particolare su alcuni social network», si legge nel documento redatto dal gruppo di lavoro guidato dal professor Lorenzo Vidino su incarico di Viminale e Palazzo Chigi. L’esperto segnala «un crescente numero di donne e di minori che si radicalizzano» e indica in poco più di 100 il numero dei jihadisti provenienti dall’Italia, una cifra inferiore rispetto ai foreign fighters registrato in altri Paesi europei, anche se con una tendenza di lieve aumento.

Quali saranno le evoluzioni è difficile prevederlo e la commissione lo segnala. Ma sebbene «le misure tradizionalmente utilizzate dall’antiterrorismo, quali arresti ed espulsioni – si legge nel report – si siano dimostrate estremamente efficaci nel prevenire atti di terrorismo nel nostro Paese, è ormai opinione largamente condivisa che tali strumenti debbano essere affiancati da politiche volte a prevenire la radicalizzazione stessa attraverso azioni non repressive». I controlli sono stati rafforzati anche dopo l’allarme lanciato dagli 007 mediorientali su possibili attentati a scali aeroportuali italiani, in particolare Fiumicino e Venezia. Che accurati controlli siano in atto lo hanno dimostrato anche i recenti episodi fiorentini: lo scoppio del pacco bomba – individuato da una pattuglia della Digos – in via Leonardo da Vinci e il falso allarme in Piazza della Repubblica, dove una bomba è stata fatta brillare dagli artificieri.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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