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Firenze, occupazione abusiva: Padre gesuita scrive ai somali occupanti e attacca il Sindaco Nardella

FIRENZE – Non si sblocca la vicenda dell’occupazione della casa dei gesuiti in Via Silvio Spaventa, occupata abusivamente da mesi da oltre 100 somali fuggiti dal rogo del capannone di Sesto Fiorentino. Padre Ennio Brovedani, direttore dell’Istituto Stensen dei padri gesuiti, stanco dello stallo derivante a suo parere dall’inerzia delle autorità, ha affisso oggi alle porte degli spazi, occupati da alcune decine di migranti, dell’edificio di proprietà dei gesuiti a Firenze (tra l”altro al centro di una operazione di compravendita da parte di un ateneo cinese) una lettera in più lingue:

«Cari amici e fratelli somali, la nostra ospitalità e la vostra occupazione dovranno avere un limite a breve termine. Rendetevi disponibili alla trattativa e impegnatevi a lasciare l”immobile nel più breve tempo possibile. Solo camminando insieme potremo uscire con dignità da questa situazione ormai non più sostenibile». Il sacerdote spiega anche di aver terminato le risorse economiche: ho già speso quasi 5.000 euro. Ora però, nel persistere dello stato di fatto, la pazienza dei gesuiti sembra giunta al limite: «Dal 17 gennaio scorso state occupando un immobile privato, già residenza dei padri gesuiti, luogo di culto religioso e in procinto di essere venduto a una grande Università della Cina. Sono pertanto trascorsi quasi tre mesi. So che molti di voi sono consapevoli di aver compiuto un atto illegale, penalmente perseguibile, scrive Brovedani, ricordando di essersi opposto alla prospettiva dello sgombero. “Spesso – racconta – ci rechiamo nei vari uffici della questura e del Comune di Firenze per sollecitare e accelerare il procedimento di rilascio dei titoli di viaggio e altri documenti. Ora però, cari fratelli, dopo circa tre mesi, le mie risorse economiche (ho già speso quasi 5.000 euro di acqua, luce e altro), ma in parte anche le mie forze, sono quasi esaurite, in ragione delle lentezze e difficoltà burocratiche e dell”assenza di un efficace coordinamento tra tutte le principali istituzioni diversamente coinvolte. Vi chiedo di riflettere, di non irrigidirvi su richieste e pretese che non si riescono a realizzare».

Nella lettera agli occupanti somali padre Ennio Brovedani si lamenta che il sindaco di Firenze Dario Nardella ha sempre evitato di incontrarlo, aggiungendo di ritenere che non mostra intenzione di inviare assistenti sociali per valutare le vostre richieste. «Il sindaco, ma anche altre importanti istituzioni, invocano e denunciano il mancato rispetto della legalità e pretendono da parte mia la richiesta di sgombero dell”immobile – spiega – Alla violenza della vostra occupazione, con sfondamento di porte, pensano di dover rispondere con la disumana forza dello sgombero, senza previamente tentare delle soluzioni ragionevoli, da entrambe le parti, e senza valutare le dolorose conseguenze di una ulteriore vostra umiliazione». Il sindaco, in particolare, ma anche Lorenzo Bargellini (il leader del Movimento di lotta per la casa che aiuta gli occupanti fin dalla notte del rogo), prosegue Brovedani, «finora ha sempre evitato di incontrarmi e di parlare con me. Egli pretende la richiesta di sgombero perché avete violato la legalità. Lo sgombero diviene così la condizione per considerarvi delle persone degne di essere ascoltate, quando anche i più grandi criminali di questo mondo hanno diritto ad una difesa d”ufficio. Non mostra pertanto alcuna intenzione di inviare degli assistenti sociali per provvedere a un vostro censimento e a una valutazione delle vostre richieste».

Dura la reazione del Comune, per bocca dell’assessore Sara Funaro: «Come amministrazione comunale stiamo collaborando e cercando una soluzione, ma dal momento che la proprietà non richiede lo sgombero i tempi per liberare l’immobile non si possono determinare, e padre Brovedani lo sa bene, visto che ne abbiamo parlato più volte sia a voce che di persona. È noto che le assistenti sociali non vanno all’interno delle occupazioni, ma stiamo comunque collaborando e trovando soluzioni con le altre Istituzioni competenti. Una cosa, però, deve essere chiara: noi non deroghiamo al principio della legalità. E questo lo abbiamo spiegato più volte. Se la proprietà ha questa percezione della nostra disponibilità ripenseremo alla nostra collaborazione. Mi lasciano poi sorpresa e amareggiata le dichiarazioni di padre Brovedani sulla mancanza di volontà da parte del sindaco Nardella di incontrarlo – aggiunge l’assessore – Io stessa e i miei più stretti collaboratori siamo in contatto costante con lui dall’inizio della vicenda e sa bene come gli ho detto anche una settimana fa che il sindaco è più che disponibile e che comunque è normale che deleghi l’assessore competente per materia ad occuparsi della vicenda».

Al di là delle accuse e delle difese, delle ragioni o dei torti, si tratta di una situazione che dovrebbe essere risolta al più presto, e il rimpallo delle responsabilità fra istituzioni nuoce anche alla tutela della legalità. Forse si ritiene comodo scaricare sui padri gesuiti un problema di difficile soluzione, ma le istituzioni dovrebbero prendere il toro per le corna, non seguire la volontà dei migranti e del movimento di lotta per la casa, che li guida, ma imporre una soluzione che preveda la divisione del gruppo degli occupanti, che invece pretendono di restare tutti uniti, visto che l’unione fa la forza. Ma sarebbe ora di ricordare a questi poco graditi ospiti che non possono dettare legge a loro piacimento, ma debbono seguire le regole del paese che li ospita.

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