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Senato: maggioranza traballante, governo a rischio per un pugno di voti

Senato

Il diniego da parte del Pd all’anticipo della discussione in Senato sull’abolizione dei vitalizi fa emergere il problema che da tempo è evidente e non solo in questa legislatura: una maggioranza sempre sul filo al Senato con i numeri che ballano sotto la soglia di sicurezza ad ogni provvedimento. Anche quelli per i quali il governo chiede la fiducia. Per questo Renzi aveva fortemente voluto la riforma del senato, uscendo bastonato dal referendum popolare.

Dai 144 sì, incassati lo scorso 15 giugno sulla manovra, si è passati ai 154 ottenuti sul decreto Sud, per finire ai 148 con i quali ha ottenuto il via libera il decreto banche venete. E ora nel governo la preoccupazione aumenta in vista dell’appuntamento con la Nota di variazione di bilancio per la quale servirà la maggioranza dei 161 voti. La performance recente sul ddl concorrenza, infatti, non fa ben sperare: il testo è passato con 146 sì contro 113 no. E’ vero che si trattava di un disegno di legge piuttosto complesso e che per farlo passare in commissione si era dovuto fare affidamento sulle uscite strategiche al momento del voto anche di esponenti dell’opposizione, ma la preoccupazione resta ed è a 360 gradi. Anche perché l’ultima volta che il governo poté contare su più di 161 voti su una fiducia fu il 7 dicembre 2016 in occasione della legge di bilancio (173 a favore). Ma allora c’era il governo Renzi e l’allora premier aveva già annunciato le sue dimissioni.

Da allora, la maggioranza ha potuto contare sul fatto che nessuno avesse reale interesse a far cadere il governo e non solo per la questione dei vitalizi che scatteranno il 15 settembre, ma anche per conservare il più possibile uno statu quo che difficilmente in molti riusciranno a confermare per la prossima legislatura. A settembre però tutto sarà diverso. E uno sciogliete le righe potrebbe arrivare prima del previsto. Tanto è vero che tra i Dem c’è già chi teme che si possa creare una crisi proprio sulla nota di variazione di bilancio per andare al voto già a novembre, magari a ridosso delle regionali siciliane, evitando così che queste esplichino eventuali contraccolpi sulle politiche, tanto che Renzi ha già messo le mani avanti, sottolineando che si tratta di elezioni locali. E poco importa, si fa capire nella maggioranza, che si corra il rischio di un esercizio provvisorio anche perché l’alternativa potrebbe essere quella di mettere tutti insieme in sicurezza i conti e poi andare comunque alle urne prima del tempo.

Tutto dipenderà dalle ormai note variabili: quale sarà la legge elettorale (in molti tornano a parlare di un decreto del presidente della Repubblica per armonizzare i sistemi di Camera e Senato) e come verranno presentate le liste in Sicilia. Quasi tutti attendono quel banco di prova per capire come riposizionarsi e con quale fronte schierarsi. Significativa a questo proposito la dichiarazione di Denis Verdini cha ha invitato i suoi parlamentari a non abbandonare la nave prima del tempo perché, sino a quando non si capiranno davvero quali saranno gli schieramenti, si potrebbero compiere clamorosi errori. Nel frattempo, il centrodestra prova a ricompattarsi e organizza al Senato una sorta di coordinamento tra il gruppo di FI e quello di Quagliariello che potrebbe giocare un ruolo determinante a palazzo Madama visto i numeri ballerini della maggioranza.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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