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Referendum Veneto e Lombardia: ha trionfato il si, ma le regioni non avranno autonomie speciali

Maroni E Zaia

ROMA – Ha trionfato il sì al referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto. Ma nell’immediato non cambierà nulla. Le due Regioni governate dalla Lega non avranno subito più autonomia e non si aggiungeranno automaticamente alle cinque a statuto speciale già esistenti (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta).

REFERENDUM – Il referendum è infatti consultivo e non vincolante: la vittoria del Sì dà il via libera alle due Regioni per chiedere di intraprendere il percorso istituzionale finalizzato a ottenere maggiori competenze dal Governo centrale e maggiore indipendenza fiscale. Tali condizioni sono infatti previste dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che riconosce alle Regioni a statuto ordinario la possibilità di accedere a condizioni differenziate di autonomia nel quadro dell’unità nazionale. Questo percorso è stato già intrapreso dalla regione Emilia – Romagna, che non a caso è citata dai politici del Pd come esempio da seguire.

COMPETENZE – Le competenze che possono essere richieste dalle Regioni in fase di trattativa spaziano dalla tutela della salute alla ricerca, dall’ambiente all’istruzione, dalla sicurezza del lavoro alla protezione civile, fino al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Nel complesso l’autonomia potrà riguardare non solo le venti materie cosiddette “concorrenti”, soggette sia alle decisione dello Stato che delle istituzioni regionali, ma anche le tre materie di esclusiva competenza dello Stato e delle Regioni a Statuto speciale: pace e giustizia, istruzione e tutela ambientale.

AUTONOMIA FISCALE – A maggiori competenze potranno corrispondere anche maggiori risorse. La richiesta di entrambe le regioni, che difficilmente verrà esaudita, è di trattenere sul territorio maggiori risorse finanziarie derivanti dalle imposte locali. Il Veneto chiede almeno 8 miliardi in più da recuperare da quei 18-20 annuali di residuo fiscale, ovvero dalla differenza negativa tra ciò che versa e ciò che riceve da Roma. La Lombardia ne chiede almeno 24 su 54. «Le materie fiscali non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto né con la Lombardia né con l’Emilia Romagna. Lo dice la Costituzione», fa subito notare il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina.

EMILIA ROMAGNA – Si tratta di un percorso complesso. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, hanno firmato il 18 ottobre scorso una dichiarazione di intenti che formalizza l’avvio del percorso: «A seguito della risoluzione adottata il 3 ottobre dal Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna, al fine di ottenere forme e condizioni particolari di autonomia- si legge nel documento- il Governo e la Giunta regionale intendono dare corso a tale proposito. Le materie interessate- si prosegue nell’atto- saranno oggetto di ogni necessaria valutazione, da compiere anche in forma bilaterale, in modo da perseguire un esito positivo sia per la Regione sia per l’ordinamento repubblicano sia, soprattutto, nell’interesse del Paese». La regione Emilia ha chiesto maggiore autonomia in quattro aree strategiche: a) lavoro, istruzione tecnica e professionale; b) internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all’innovazione; c) sanità; d) territorio e rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture. Come si vede non ha chiesto autonomia in campo fiscale.

TRATTATIVA – L’acquisizione dell’autonomia da parte di una Regione in specifiche materie di competenza prevede una procedura complessa e articolata. I governatori di Veneto e Lombardia dovranno presentare delle proposte per avviare una trattativa con il Governo sulle materie di loro interesse. L’autonomia potrà quindi essere attribuita su iniziativa della Regione, ma con una legge dello Stato. «La legge – spiega l’articolo 116 della Costituzione – è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata».

Un processo (e una contrapposizione fra istituzioni) completamente diversi da quelli registrati fra Madrid e Barcellona, fra lo Stato Spagnolo e la comunità della Catalogna. Anche il clima nei confronti delle autonomie in Italia sta cambiando, i cittadini sono consapevoli che è stato concesso troppo spazio agli ambiziosi governatori e primi cittadini, tanto che i giovani industriali recentemente hanno chiesto a Renzi d’intervenire per ridare più poteri e competenze allo Stato centrale, per evitare sovrapposizioni e contrapposizioni di competenze dannose per l’interesse delle collettività.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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